Relitti maltesi: alla scoperta dell’X-127 Lighter che fece due guerre mondiali

L'X-127 Lighter era una barca lunga 24 metri per 7 metri di larghezza e 2 metri di altezza, mossa da due motori di 40 BHP l’uno alimentati a petrolio

10 July 2023 | di Paolo Ponga

Sull’isola di Malta la capitale La Valletta è collocata su una penisola culminante con il Forte di Sant’Elmo e ad ovest guarda il turistico lungomare di Sliema e i negozi di Gzira. In mezzo si trova un isolotto collegato da un ponte, Manoel Island, sul quale si possono ammirare i resti dell’antico Lazzaretto, un complesso di vari edifici databili tra il XVII e il XIX secolo adibiti a zona di quarantena e ospedale. Nel 1939 quest’ultimo venne requisito dall’Ammiragliato britannico per essere utilizzato come deposito per i sottomarini e successivamente cadde in uno stato di totale abbandono.

In questo luogo, ai margini dei grandi flussi turistici, è possibile trovare dei subacquei che effettuano la vestizione di fianco alle loro auto, per poi scendere in acqua lungo una scalinata. Sembra di essere al lago e la sensazione permane una volta messa la testa sott’acqua, grazie alla visibilità, che, dagli iniziali 4/5 metri, scende praticamente fino allo zero. Non mancano, però, detriti e resti di ogni genere gettati in acqua in secoli di storia, tanto che l’area sabbiosa meriterebbe una ricerca di antichità anche se in mezzo ai rifiuti moderni.

Oltre a queste amenità, in queste acque si trova un relitto facilmente raggiungibile. Basta scendere una decina di metri e proseguire lungo la parete del Lazzaretto: prima o poi si finirà per sbatterci (letteralmente) la testa contro. Si tratta del relitto dell’X-127 Lighter, una volta conosciuto solo come “Carolita“, una piccola barca dal grande ma sconosciuto valore storico.

Le origini

Nel 1915 l’Europa era alle prese con una guerra devastante, la Grande Guerra. Gli Alleati erano contrapposti agli Imperi centrali e i soldati di ogni nazione coinvolta morivano come mosche nelle fetide buche delle trincee, scavate su tutti i fronti. L’Ammiragliato inglese, su incitamento di Winston Churchill, decise di tentare un attacco dirompente a quello che era considerato il “ventre molle” dello schieramento avversario: la Turchia. Venne così deciso lo sbarco di truppe inglesi, canadesi, australiane e neozelandesi a Gallipoli, sulla costa dei Dardanelli, ma per poterlo fare occorrevano potenti navi militari e mezzi da sbarco con i quali far scendere a terra cannoni, cavalli, materiale e truppe e poi rifornirle di acqua, viveri e munizioni.

Questo tipo di imbarcazioni, che in un altro conflitto avrebbe costituito l’asse portante del D-Day sulle coste normanne, ai tempi mancava completamente e la sua progettazione venne affidata alla Walter Pollock & Son di Faversham, nel Kent inglese, che portò a termine il suo compito nel tempo record di quattro giorni. Ne vennero poi costruiti 200 esemplari in diversi cantieri del Regno Unito: erano barche lunghe 24 metri per 7 metri di larghezza e 2 metri di altezza, mosse solitamente da due motori di 40 BHP (British Horse Power) l’uno alimentati a petrolio, con una velocità massima intorno ai 7 nodi. Per giungere sulle coste turche venivano trainate da imbarcazioni più grandi, di solito tre per volta, e dopo essere state caricate di uomini e merci venivano lanciate contro le rive scoscese sotto il fuoco nemico. L’X-127 era una di esse.

Dopo aver provveduto allo sbarco di truppe, venne utilizzato come tanker per l’acqua: ne caricava 20 tonnellate per volta prendendole da una grande cisterna e la portava a riva per i soldati, devastati dalla sete in quell’ambiente desertico. L’impresa dei Dardanelli fu un grande fallimento. Moltissimi uomini morirono in condizioni terribili e molte navi finirono sotto la superficie del mare, soprattutto a causa delle mine. Ma non l’X-127. Nel primo dopoguerra, poi, molte X-Lighters vennero smantellate, mentre qualcuna fu portata in Inghilterra o a Malta. Su quest’ultima isola l’X-127 proseguì la sua attività di trasporto dell’acqua, navigando con lentezza nel porto grazie ai suoi vecchi e particolari motori.

Durante il secondo conflitto

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Malta fu il cardine di molte battaglie navali combattute nel Mediterraneo, a causa della sua posizione centrale, che costituiva per gli inglesi la base intermedia fra Gibilterra e l’Egitto. Da essa partivano gli attacchi ai convogli che rifornivano l’esercito italiano e quello tedesco dell’Afrika Korps di Rommel, in un continuo e pericoloso gioco frenetico che vedeva le due parti, di volta in volta, attaccare o difendersi dai nemici. Malta era anche la base di un agguerrito gruppo di sommergibili, che venivano ormeggiati all’interno del porto, davanti al Lazzaretto di Manoel Island, e l’X-127 venne modificato per rifornire di carburante proprio i battelli subacquei.

Il 6 marzo 1942 l’isola venne attaccata dagli aerei della Luftwaffe, che danneggiarono il periscopio del sommergibile P36. Una seconda ondata di bombardieri in picchiata colpì poi l’X-127 mentre era in fase di rifornimento al P39: il piccolo mezzo venne affondato, mentre il sommergibile subì ingenti danni, con il carburante che aveva preso fuoco. Un marinaio presente al Lazzaretto raccontò di tre esplosioni molto forti, una delle quali aveva rotto i vetri dell’edificio e pareva aver affondato il sommergibile. Uscito di corsa per assistere alla scena, aveva trovato un ambiente colmo di fiamme e fumo, attraverso il quale si intravedeva l’X-Lighter affondare, mentre il sommergibile era danneggiato ma salvo.

Inizialmente si pensò di recuperarlo ma poi si decise di lasciar perdere e nel novembre 1946 l’X-127 fu classificato come perdita di guerra e cancellato dai registri della Royal Navy. Oggi sembra essere, insieme a una barca ancorata sul Tamigi, uno dei due esemplari sopravvissuti in tutto il mondo. Ma nel dopoguerra ci si dimenticò velocemente di lui e della sua storia, così i primi subacquei che trovarono il relitto non sapevano cosa fosse e lo chiamarono Carolita.

Il relitto oggi

L’imbarcazione si trova tra i 5 e i 22 metri di profondità, posta in assetto di navigazione sul fondo sabbioso che digrada con una pendenza di circa 45 gradi, con la prua che guarda verso il Lazzaretto. L’ambiente intorno al relitto è abbastanza lunare, tanto da ricordare appunto il fondo di un lago, ma è la visibilità il vero problema dell’immersione, data la scarsa profondità e la mancanza di corrente. Nel mio caso, giunti ai 16 metri, era assolutamente zero: non si vedeva a un palmo di mano.

Risalendo non sono mancati, invece, gli spunti per qualche fotografia ed è stato possibile gettare uno sguardo all’interno infilandosi in qualche apertura. Sul lato di babordo è rimasto evidente il punto dell’esplosione, con le lamiere divelte e tutte contorte. A parte questa zona, però, il relitto è quasi completamente intatto e all’interno delle sue lamiere richiama, come reef artificiale, tanti pesci.

Per visitare il relitto dell’X-127 Lighter è possibile avvalersi di un diving italiano a Malta, che opera con grande simpatia e professionalità, l’Orange Shark di Paola e Max Valli. Sul loro sito potrete trovare tutte le informazioni utili per questa e altre fantastiche immersioni nelle acque maltesi. Io sono sceso con Daniele Bertaggia, mia guida dedicata durante una settimana di esplorazioni tra i relitti.

Se invece vi è venuta voglia di altre storie di mare, relitti e subacquea, non posso che consigliarvi il mio libro “Storie Sommerse – Esplorazioni tra i relitti“, edito da Il Frangente di Verona: 25 storie di navi e aerei affondati in ogni epoca, oltre ai viaggi e alle immersioni fatte per poterli esplorare e fotografare.

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