Trattato d’alto mare: l’Onu raggiunge un accordo storico per la salvaguardia degli oceani

Dopo una lunga serie di negoziati, i paesi membri dell'Onu hanno raggiunto un accordo su quello che sarà il primo trattato internazionale per la protezione dell'alto mare

7 March 2023 | di Valerio Caccavale
Un'immagine di coralli sottomarini
Un'immagine di coralli sottomarini

Ci sono voluti più di 15 anni prima che gli Stati raggiungessero un’intesa sulla salvaguardia delle acque internazionali, il cosiddetto “alto mare”. Il via libera alla fine è arrivato nella serata di sabato 4 marzo durante la terza sessione finale nella sede dell’Onu a New York. Il presidente della conferenza, Rena Lee, ha annunciato infatti che si è arrivati ad un accordo definitivo.

Adesso spetterà ai servizi legali controllare il testo e tradurlo nelle sei lingue ufficiali delle Nazioni Unite. Resta poi un altro passaggio chiave, ovvero quello della firma e della ratifica degli Stati, affinché il trattato abbia valore giuridico. Le massime cariche internazionali intanto si sono già congratulate per questo importante risultato.

L’oceano è cibo, energia, vita – commenta su Twitter la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyene ha dato così tanto all’umanità: è tempo di restituire. Accolgo con favore l’accordo sull’alto mare, un trattato che proteggerà gli oceani oltre la giurisdizione nazionale. Ce l’abbiamo fatta”.

Proteggere il 30% delle acque internazionali  

L’obiettivo fissato dall’Onu è quello di salvaguardare almeno il 30% degli oceani entro il 2030, come concordato tra l’altro in una conferenza sulla biodiversità che si è tenuta a Montreal a dicembre del 2022. Grazie a questo trattato si istituisce, quindi, un vero e proprio meccanismo giuridico che regolamenta la zona grigia delle acque internazionali, l’alto mare.

Questa zona non è sotto la giurisdizione di alcun Paese e viene misurata a partire da 200 miglia nautiche dalla costa. Sebbene rappresenti oltre il 61% dei nostri oceani e sia estremamente ricco di vita marina, solo l’1% dell’alto mare è attualmente protetto. Lo sviluppo di nuove tecnologie del resto ha fatto sì che oggi anche le aree più remote siano a rischio. Molteplici i fattori che hanno reso urgente un intervento per la loro tutela: dai cambiamenti climatici all’inquinamento, dalla pesca a strascico alle estrazioni minerarie.

I santuari marini

La comunità scientifica ha ribadito l’importanza di proteggere almeno un terzo di queste acque. Tante sono le soluzioni che verranno adottate, come per esempio l’inserimento nel diritto internazionale del termine “santuari marini”, aree completamente libere da ogni attività di sfruttamento umano. Questo semplice strumento giuridico sarà in grado non solo di proteggere habitat e specie chiave, ma di permetterne il recupero e favorire la loro capacità di adattarsi agli attuali cambiamenti ambientali.

Un rapporto sviluppato da alcuni ricercatori dell’Università di York nel Regno Unito mostra che è del tutto fattibile realizzare una rete ecologicamente estesa su tutto il pianeta. E finalmente anche gli Stati sembrano orientati in questa direzione.

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