I cetacei sono i migliori amici dell’uomo. E lo aiuteranno a salvare l’ambiente

Nel libro “Balene salvateci!”, pubblicato da Mursia, la biologa marina Maddalena Jahoda offre al lettore un’altra prospettiva sui cetacei, animali ammirati, amati, ma ancora poco conosciuti

1 June 2020 | di Giuseppe Orrù
Una balena franca della Pagagonia. Foto di M. Jahoda
Una balena franca della Pagagonia. Foto di M. Jahoda

I cetacei sono mammiferi, non sono pesci“. Maddalena Jahoda, biologa marina, lo spiega a una commessa di un centro commerciale mentre acquista una saliera a forma di balena, che però, per la sua interlocutrice, sono pesci. A raccontare questo aneddoto simpatico è la stessa biologa dell’Istituto Tethys, nell’introduzione del suo libro “Balene salvateci! I cetacei visti da un’altra prospettiva” (282 pagine, 18 euro), pubblicato da Ugo Mursia Editore.

Dopo averci svelato il “dietro le quinte” del suo lavoro in Le mie balene (Ugo Mursia Editore, 160 pagine, 17 euro) Maddalena Jahoda torna in libreria con un volume ricco di ironia, con cui spiega come questi animali, ammirati da tutti, bellissimi e che ispirano in ognuno la massima tenerezza, in realtà siano ancora troppo poco conosciuti.

Il primo ostacolo che incontro ogni biologa marina è far capire alla gente cosa significhi realmente “occuparsi di delfini e balene”. Non significa lanciare loro le aringhe o giocarci a palla, ma studiare i loro comportamenti e il loro stato di salute nell’ambiente che l’uomo offre loro. Fino a dimostrare che i cetacei sono i migliori amici dell’uomo e i più validi alleati nell’impegno dell’uomo per salvare l’ambiente. Anzi, senza di loro difficilmente, l’uomo ci riuscirà, tanto che l’autrice lancia un appello alle balene: “Salvateci!“.

Come biologa – spiega Maddalena Jahoda – ho iniziato a studiare le balene perché sono gli animali più affascinanti che ci sono sul pianeta, perché c’era ancora molto da scoprire su di loro, e ancora c’è, e perché rischiano di scomparire. Oggi però c’è un motivo in più, dobbiamo studiarle e salvarle affinché loro ‘salvino noi'”.

“Si è scoperto – ricorda la biologa marina – che possono giocare un ruolo importante perfino nella lotta ai cambiamenti climatici, ma che i cetacei possono essere utili alla nostra specie ce lo dice il mondo della ricerca anche in altri ambiti. Possono infatti fare da campanello d’allarme, in altre parole sono i primi a risentire di determinati problemi ambientali. Inoltre le balene sono anche specie ‘ombrello’, se ci sono balene vuol dire che c’è anche il resto dell’enorme e complessa rete in cui si inseriscono e senza la quale non potrebbero esistere, in un complicato intreccio dove ogni organismo dipende da altri e altri a sua volta condiziona“.

Ora che, con il lockdown per il Coronavirus, la natura si è ripresa degli spazi da cui era stata bandita (animali in città, delfini nei porti), “è forse l’occasione – sottolinea Jahoda – anche per ripensare il nostro rapporto con la natura e tentare di ripartire in maniera diversa. Guardare diversamente alla natura e all’ambiente è anche la chiave di questo libro, a cominciare dalle balene che possono essere nostri grandi alleati.  In un ambiente naturale dall’equilibrio sempre più precario, le balene ci aiuteranno forse a capire dove stiamo sbagliando. I grandi cetacei hanno un ruolo attivo nel forgiare l’ambiente e possono essere i nostri migliori alleati“.

Le balene e i delfini, infatti, sono molto più simili all’uomo di quanto si possa credere, anche per i loro “valori”: legami che durano tutta la vita, la cultura tramandata dalle nonne, l’orca che non vuole abbandonare il suo piccolo morto (ricordiamo tutti le strazianti immagini del pod di orche che si erano stanziate a Genova Voltri).

Le loro storie assomigliano alle nostre e spesso si intrecciano con quelle umane, come racconta Maddalena Jahoda, che da decenni si impegna per la tutela degli animali e dell’ambiente. Chi pensa a un manuale di biologia si sbaglia. La sua divulgazione scientifica, appassionata ma rigorosa, si alterna allo storytelling con protagonisti i cetacei, in un intrigante cambio di prospettiva che, ogni tanto, fa “parlare” direttamente anche le balene. E mentre, con un pizzico di autoironia, si scontra con equivoci quotidiani su animali così poco conosciuti nel nostro Paese, l’autrice si sente chiedere: “Ma perché salvare proprio le balene?“.

La copertina del libro

La risposta è semplice. Secondo le ricerche più recenti, i grandi cetacei hanno un ruolo ben più importante di quanto pensassimo, e potrebbero aiutarci addirittura a rimediare ai danni che l’uomo sta causando all’ambiente. Forse dobbiamo davvero salvare le balene perché loro salvino noi, come sostiene la biologa dell’Istituto Tethys.

Per arrivare a questa conclusione, Maddalena Jahoda offre al lettore una serie di capitoletti spassosissimi, che permettono di salire a bordo con lei durante le spedizioni scientifiche, ma anche sbarcare a terra, dove ci si scontra con i principali equivoci e con le domande della gente. Tra i vari capitoli, ci sono degli intramezzi in corsivo, che raccontano aneddoti in grado di strappare sicuramente un sorriso.

L’AUTRICE

Maddalena Jahoda, biologa e giornalista, si occupa da oltre trent’anni di ricerca e divulgazione sui cetacei nel Mediterraneo e nel mondo. Ha iniziato la sua carriera lavorando per mensili di natura e documentari naturalistici e ha fatto parte, fin dalla fondazione, dell’Istituto Tethys per la ricerca e la tutela dei mammiferi marini del Mediterraneo, per cui attualmente è responsabile della divulgazione. Si è occupata di ricerca sul comportamento e sugli habitat di alimentazione delle balenottere comuni nel Mar Ligure. È autrice di lavori scientifici e libri divulgativi, tra cui “Le mie balene. I cetacei del Mediterraneo visti da vicino”, edito da Mursia nel 2007.

 

Balente salvateci!

di Maddalena Jahoda

Ugo Mursia Editore, Milano, gennaio 2020

282 pagine

18,00 euro.

 

Giuseppe Orrù

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