Sergio Davì, il viaggiatore in gommone che da 10 anni si affida ai fuoribordo Suzuki

Suzuki a tu per tu con Sergio Davì dopo l'Ocean to Ocean RIB Adventure

6 August 2022 | di Manuela Sciandra

Sergio Davì ha da poco concluso la Ocean to Ocean RIB Adventure, impresa che dal 15 dicembre 2021 al 23 maggio 2022 ha visto il comandante vivere a bordo del Prince 38, RIB di Nuova Jolly spinto da una coppia di fuoribordo Suzuki DF300B.

Una rotta così impegnativa non è un gioco e Davì lo sa bene, visto che di raid in gommone ne ha organizzati diversi:

  • la Nordkapp RIB Mission nel 2012 (4.000 miglia nautiche da Palermo al Circolo Polare Artico);
  • la Ocean RIB Experience nel 2017 (4.300 mn da Palermo a Recife);
  • la Ice RIB Challenge nel 2019 (7.000 mn da Palermo a New York);
  • la Ocean to Ocean RIB Adventure nel 2021 (10.000 mn da Palermo a Los Angeles).

In tutti questi raid ha scelto di essere accompagnato proprio da Suzuki, affidandosi alla tecnologia “The ultimate Outboard Motor” dei suoi fuoribordo, in particolare dei modelli Suzuki DF150A, Suzuki DF200AP, Suzuki DF350A e Suzuki DF300B, che hanno subito un vero stress test impegnandosi in circa 27 mila miglia nautiche senza mai perdere un colpo.

“Ho scelto Suzuki per i miei raid – ha spiegato Davì al suo rientro in Italia – perché sono motori affidabili, fuoribordo leggeri e compatti, dai bassi consumi, sviluppati per essere motori a basso impatto ambientale. Oltre alla potenza, è stato un altro importante fattore che mi ha fatto scegliere Suzuki. Sapevo che in alcuni momenti il mio RIB avrebbe navigato appesantito da tutto quello che c’era a bordo, soprattutto dal carburante, e avere quei V6 da 4.4 litri, dotati del sistema a doppia elica controrotante, a spingere in acqua il mio gommone mi ha agevolato non poco. Ne sono pienamente soddisfatto”.

Per affrontare una navigazione così varia e impegnativa ci vuole innanzitutto l’attenta programmazione di numerosi aspetti fondamentali, come i calcoli dei consumi per non rimanere a secco tra una tappa e l’altra, la consultazione del meteo, la giusta quantità di scorte di cibo, la manutenzione da effettuare durante la rotta, la preparazione verso tutte quelle eventualità che possono accadere in questo genere di navigazioni. E il comandante Davì in questo è un campione.

Ma il viaggio non è solo navigazione. Quello che più conta è l’aspetto umano che sta dietro l’avventura, le difficoltà incontrate nel lasciare la vita di ogni giorno, gli affetti, le comodità. “Il periodo delle vacanze natalizie – ha raccontato Davì – mi ha segnato un po’ in termini di emozioni e stati d’animo. Navigare durante le festività e pensare a mia moglie, mio figlio, ai miei cari che erano tutti a casa mi ha dato, senza dubbio, tanta nostalgia. Naturalmente mi mancavano anche le mie cose quotidiane, il mio riposo sul divano mentre guardo un film, la comodità di casa mentre mangio un piatto di pasta. Tutte cose che vengono però compensate dalle soddisfazioni ricevute durante la navigazione”.

Certo, perché oltre al fisico bisogna curare anche l’aspetto psicologico, che può compromettere l’intera operazione.

La fatica psicologica è, per molti versi, più gravosa di quella fisica. Pertanto cercavo di mantenere sempre la mente fresca e lucida, impegnandomi a gestire al meglio la stanchezza mentale. Solo in questo modo si può gestire anche quella fisica. Quando ero a terra, ad esempio, mi concedevo delle lunghe camminate per smaltire psicologicamente il peso delle lunghe ore trascorse a bordo.

Lo stress fisico, invece, come si combatte?

Recupero le fatiche fisiche distaccandomi da quello che sto facendo e pensando ad altro. Riposando ovviamente in hotel ma soprattutto cercando di rilassarmi quanto più possibile, per recuperare le forze per affrontare al meglio la tappa successiva.

A terra ci si può concedere un po’ di relax. Durante la navigazione, invece, come quella di 6 giorni ininterrotti della traversata oceanica, come si vive?

Durante navigazioni così lunghe mi passa davanti l’intera vita. Penso tantissimo al passato ma anche al futuro. Immagino gli atterraggi nei vari porti e come possano essere i posti in cui approderò, la gente che incontrerò, le esperienze che vivrò. Mi tengo anche molto impegnato attraverso il monitoraggio delle strumentazioni per il controllo della rotta e dei consumi e, infine, ascolto la musica.

Dal punto di vista più squisitamente tecnico, qual è stata la preoccupazione maggiore durante l’ultima avventura?

Sicuramente è stata quella di tenere sotto controllo tutto e di mantenere il gommone e i motori sempre in sicurezza, controllandone continuamente il corretto funzionamento in ogni cosa.

I fuoribordo Suzuki DF300B saranno stati sottoposti a dure sollecitazioni, soprattutto durante la tappa di navigazione più lunga, i 6 giorni di navigazione necessari alla traversata da Capo Verde alla Guyana Francese. Li hai mai spenti?

Mai. Né di giorno, né di notte. Anzi, in notturna la velocità di crociera era quasi pari a quella diurna. Solo in alcuni casi riducevo di poco la velocità e attivavo il pilota automatico ma sostanzialmente non c’è stata tanta differenza tra notte e giorno.

Sono stati necessari rabbocchi d’olio ai fuoribordo Suzuki durante la navigazione?

Assolutamente no. Non ho mai rabboccato l’olio durante la navigazione e, cosa importante, non ho mai rabboccato l’olio neanche tra un tagliando e l’altro.

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