I 10 luoghi più strani in cui fare immersioni

A volte i posti più strani non corrispondono alle immersioni più affascinanti, con più pesci o più profonde

14 March 2019 | di Paolo Ponga

“Qual è il posto più strano in cui ti sei immerso?”. Quando mi hanno fatto questa domanda, stavo per rispondere, poi mi sono bloccato. Il luogo più strano non corrisponde, in effetti, all’immersione più affascinante, con più pesci o più profonda. Certo che, praticando la subacquea da alcuni anni, qualche tuffo magari un po’ particolare l’ho fatto, come tutti d’altronde.

E in fondo queste immersioni fuori dall’ordinario sono quelle che ricordo con più piacere, perché per qualche motivo mi hanno lasciato qualcosa di indimenticabile. E allora perché non fare una specialissima e personalissima classifica?

Sotto il ghiaccio

È il 2001 e mi imbuco in una manifestazione riservata alla Protezione Civile. Non me ne vogliano. Persone stupende che mi hanno concesso di immergermi con loro, probabilmente pensando che ne facessi parte anch’io, come volontario. È febbraio e il lago di Ghirla è completamente ghiacciato. Sotto un cielo azzurro vengono fatti due buchi quadrati, stesa una sagola e via, sotto lo strato di ghiaccio. Alcuni di loro si immergono con la semistagna (giuro!) alla “calda” temperatura di 5 gradi sotto zero fuori e 2 gradi in acqua. Io scendo due volte. La prima immersione, magnifica per la visibilità ottimale, viene rovinata perché il mio compagno ha una crisi di panico. Io invece sono felice come una Pasqua e provo a camminare sul ghiaccio a testa in giù, dentro la stagna e numerosi strati di vestiario, che non riescono comunque a tenere lontano il freddo.

Relitto 1

Adoro i relitti, sono la mia passione subacquea. Il primo che vedo, e che scatena in me la voglia di visitarne il più possibile, è in Croazia alla fine degli anni novanta. Sono su una piccola isola e trovo un diving “organizzatissimo”: un capanno davanti al mare dove ci sono uno spilungone che dorme beatamente su un’amaca e in terra qualche bombola. Il giorno dopo mi porta a vedere il relitto di una piccola imbarcazione andata a fuoco, di cui rimangono solo le strutture in metallo e un tubo lanciasiluri. Una folgorazione: storia, avventura e mare tutti in uno. Durante l’inverno seguente passo molte pause pranzo nella Biblioteca Sormani di Milano, poi in quella di Como, fino a scoprire la (non certa) verità ed essere l’unico a conoscere l’ubicazione del relitto del MAS 423, requisito dai tedeschi e affondato nel luglio 1944 (probabilmente da un aereo).

Relitto 2

La Amoco Milford Haven, la superpetroliera affondata davanti ad Arenzano nell’aprile 1991. Difficile visitarla tutta, sia per la profondità che per la grandezza. Dal 2002 mi ci immergo almeno una volta l’anno, sempre con lo stesso diving, il cui titolare Pippo si dimentica regolarmente di me, pur avendo un rapporto di amicizia ed essendo uno dei suoi primissimi clienti. Immersione emozionante come poche, per le sue dimensioni viene anche chiamata “la secca del ferro”.

Le grotte di Palinuro

Mmhh. Le grotte sono una mano che ti stringe la bocca dello stomaco e ti toglie il fiato. A Palinuro, che si contende con Capo Caccia ad Alghero il primato per le migliori grotte marine italiane, ho fatto un corso con il grande Fabio Barbieri, dal quale spero di aver imparato qualcosa. Prima fra tutte che per immergerti in queste grotte devi avere sempre grande allenamento e molta umiltà. Da allora ne ho visitate tante altre ma mai così affascinanti.

Il fiume

Mi sono immerso nel Ticino a Pavia, la vigilia di Natale, per salutare il Cristo appoggiato al pilone sommerso del Ponte Coperto. I ricordi più belli però sono legati alla Svizzera e alla Maggia, il fiume più torrentizio d’Europa che quando è in piena fa paura e scava la roccia. Un’esperienza descritta così dagli amici di Alpisub o Subclimbing: “Bombole in spalla sulla roccia per arrivare all’acqua, percorso della pozza, poi fuori, camminata e dentro la pozza successiva”. Un’altra immersione l’abbiamo fatta risalendo dalla spiaggia durante la fregola dei cavedani impazziti d’amore. Bellissimo.

Il lago

“Sei un subacqueo di lago? Ma cosa c’è da vedere?”. E poi l’espressione schifata quando racconti.. Sì, sono un sub lacustre, lo ammetto. Non faccio più uso di questa droga da qualche anno perché mi sono trasferito lontano e non posso più passare tutte le domeniche con la testa sotto l’acqua gelata. Freddo, buio e scarsa visibilità sono costanti in ogni immersione. D’inverno la visibilità è ottima ma magari ti si congelano le pinne sul muretto, mentre d’estate può capitare di non vedere nulla. Ma proprio nulla. Gli amici però sono incredibili, semplici, non se la tirano e si fa a turno a pagare l’aperitivo dopo il tuffo, parlando della bottatrice appena vista o dei mari lontani.

La corrente

Sono un subacqueo di lago, non amo la corrente. Avete presente le “washing machines” delle pass maldiviane? Brrr… La peggiore corrente della mia vita l’ho trovata in un’isola sperduta, l’Isla del Infierno (sì, esatto!), a nord della Graciosa (arcipelago Chinijo) e delle Canarie. 50 bar per riuscire a scendere sul fondo, poi nemmeno una pinneggiata e via volando velocissimo. Tornato in superficie mi sono detto: “Se non riesco a prendere la scaletta del gommone, mi ritrovano in Senegal!”. Tuttavia i fondali, parte integrante del parco marino, sono meravigliosi.

Il Nord Europa

Ho passato quindici giorni tra mare mosso, vento e pioggia a fare immersioni in Bretagna, dove ho trovato gente meravigliosa e relitti pazzeschi. “Ciao, sono un sub italiano, posso scendere con voi?”. Dopo un po’ di diffidenza, la risposta è stata sempre la stessa: “Va bene ma guarda che noi facciamo immersioni sur les épaves, sui relitti. Va bene lo stesso?”. Ok, per stavolta mi accontenterò…

Le Maldive

Qui rientro sicuramente in un luogo comune ma è impossibile affermare il contrario. “Qual è il mare più bello che hai visto?”. Eh, come faccio a dire altro? Un esempio. Arrivo alla guest house di un’isola di pescatori e via verso la “Bikini Beach“. Qui, con pinne e maschera alla mano, mi tuffo subito in acqua. Poco dopo, arrivato al reef, vedo un’esplosione di vita pazzesca, con coralli, crostacei e pesci di barriera di mille specie diverse.

Mi guardo attorno e vedo un barracuda, due cernie (a mezzo metro di distanza), due jackfish che non mi mollano un secondo e infine prima uno, poi due, poi tre squali pinna bianca che mi passano a un metro di distanza. Torno felice a riva e mia moglie mi chiama per farmi vedere una strana macchia nera in acqua. Oddio, petrolio? In effetti, dove il mare è profondo una quarantina di centimetri, c’è una macchia nera che si stringe e si allarga, si allunga e si accorcia. Cos’è? Guardo con più attenzione ed è un branco di sardine tenuto compatto da una murena e tre cuccioli di squalo pinna nera, che a turno ci si buttano in mezzo per nutrirsi. Immaginate le immersioni, se non ci siete mai stati.

Gli squali

Come tutti i subacquei, sott’acqua adoro osservare le cose “grosse”. L’esperienza più forte che ho vissuto è stata alle Fiji, nel parco marino dello Shark Corridor, tra la grande isola di Viti Levu e l’isolotto di Beqa. Qui un geniale svizzero, Mike Neumann, ha creato con l’aiuto della popolazione locale un posto unico al mondo per immergersi con gli squali leuca. Di che specie si tratta? Avete mai visto il film di Spielberg “Lo squalo”? Ecco, la storia è basata sull’omonimo romanzo di Peter Benchley, tratto da una storia realmente accaduta sulle coste orientali del New Jersey. In pratica parliamo della specie responsabile della maggior parte degli attacchi vicino alla costa (in mare aperto il più pericoloso è il longimanus).

A Beqa la maggioranza degli squali presenti sono femmine e Mike le chiama “le sue ragazze”. Durante le immersioni, praticate in totale sicurezza grazie agli eccezionali subacquei del diving, si possono incontrare tra i 25 e i 50 squali per volta. Nel corso della mia prima immersione, scendo e mi fanno mettere in ginocchio. Poco dopo vedo spuntare dal blu il primo bestione, una macchina da guerra di circa 250 kg, lunga 3 metri e mezzo. Viene dritta verso di me, avvicinandosi. Ancora. Sempre di più. È ricomparsa la mano sulla bocca dello stomaco e intanto penso “via, via, vai via porca miseria, via”, mentre “la ragazza” con gli occhi puntati su di me sembra dirmi “fame, fame” e nel frattempo è sempre più vicina, finché mi passa accanto, mi da una pinnata al braccio e se ne va. Per me è stata pura magia.

Ma se dovessi pensare all’immersione più strana in assoluto? Una vita fa, nella vasca da bagno dei miei genitori, a provare se la mia prima muta stagna non facesse davvero entrare l’acqua. Non dite che non l’avete mai fatto, non vi crederà nessuno!

Paolo Ponga

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