Stress, ansia e panico in immersione – parte 1

Come riconoscere gli stati d'animo alterati, in noi stessi e negli altri. E come porvi rimedio

Finalmente si va in acqua. Tutto è pronto per un’immersione che si preannuncia spettacolare. E’ il momento che attendevamo da giorni e, come ci hanno insegnato al corso, abbiamo organizzato tutto alla perfezione. L’attrezzatura è pronta, abbiamo stabilito tempi, percorso e profondità con i compagni, ci siamo messi d’accordo sui segnali e su come affrontare eventuali problemi. Non ci resta che infilare pinne ed erogatore e saltare in acqua felici come foche.

Eppure… eppure dentro di noi sentiamo che stavolta c’è qualcosa che non va. Piccole preoccupazioni che si fanno sempre più grandi, ci trasmettono un fastidioso senso di insicurezza e ci fanno pensare di essere inadeguati a quell’immersione. Continuiamo a guardare le tabelle, a verificare se il gav si gonfia correttamente, controlliamo dieci volte che la rubinetteria sia aperta e se l’aria esce correttamente dall’erogatore.

Niente da fare. Un pensiero maligno sembra suggerirci che c’è qualcosa che non va. Non ci dice cosa. Solo che qualcosa non va per il verso giusto. Controllare per l’ennesima volta che tutto sia ok, a questo punto, serve solo a confermarci che il problema è più grande di come credevamo all’inizio perché non riusciamo a vederlo e, di sicuro, si presenterà nel momento più delicato dell’immersione. 

Quella che ho appena descritto è una situazione che tutti i subacquei hanno vissuto. Anche coloro che vantano 500 e più immersioni nei loro logbook e non  ammetterebbero mai di essere stati dei principianti come tutti gli altri. Non c’è quindi da aver paura. Uno psicologo la definirebbe una situazione di stress. Qualsiasi sia il nostro addestramento, le profondità marine rimangono comunque un ambiente totalmente estraneo all’uomo ed è normalissimo che chi si accinge ad affrontarlo debba superare un senso di disagio che può essere più o meno forte a seconda della nostra esperienza e della nostra personalità.

Uno psicologo specializzato nelle prestazioni sportive aggiungerebbe anzi, che lo stress in questione, se contenuto dentro determinati limiti, è positivo e aiuta a concentraci sull’obiettivo e a dare il meglio di noi stessi. E’ così per tutte le prestazioni, sia intellettuali che sportive. Vi immaginate uno studente che sbadiglia di noia all’esame di laurea o il portiere di una nazionale che scende in campo talmente tranquillo da addormentarsi appoggiato al palo durante una finale? 

Il problema è quando il livello di stress aumenta sino al malessere e si acutizza sino a farci precipitare in uno stato d’ansia. Su Wikipedia l’ansia è definita come “uno stato psichico cosciente, caratterizzato da una sensazione di intensa preoccupazione o paura, spesso infondata, relativa a uno stimolo ambientale specifico, associato a una mancata risposta di adattamento”. Una definizione che si adatta perfettamente alla pratica subacquea. Al contrario di uno stress moderato, l’ansia non porta mai risultati positivi, e, in immersione, può rivelarsi davvero pericolosa. Oltre a guastarci tutto il divertimento. 

Per affrontare l’ansia, il primo e più importante passo da compiere è saperla riconoscere. Ai corsi istruttori molte lezioni vengono infatti dedicate a come capire se i nostri allievi siano in uno stato ansioso. Uno degli effetti dell’ansia è quello di farci fare cose che solitamente non faremmo. Facciamo qualche esempio. I nomi sono a caso ma le situazioni, ve lo assicuro, sono assolutamente vere e vissute in prima persona. Franco, che per tutto il corso non ha mai detto più di dieci parole in fila, sta chiacchierando da mezz’ora e non accenna a smettere. Paolo, che era sempre stato l’anima della compagnia, stavolta se in disparte, non proferisce parola. Leo si sta infilando la muta al rovescio.

Sebastiano, su cui potevi sincronizzare l’orologio da quanto era puntuale, è arrivato in ritardo e si sta attardando troppo nella vestizione. Francesca ti chiede per la decima volta in dieci minuti quali saranno i tempi e le profondità. Sandro ha smarrito una pinna e la sta disperatamente cercando per tutta la barca, senza accorgersi che ce l’ha in mano (sì, anche questa situazione mi è capitata!). Aldo si è tuffato senza maschera. Roberto senza pinne. Chiara ha caricato tutta l’attrezzatura sull’auto del fidanzato e poi è venuta al diving con la sua auto (ma, in questo caso, più che l’ansia, credo sia il caso di considerare la personalità assai distratta dell’allieva). Federica è ossessionata dall’idea di rimanere senza aria e preme in continuazione il bottone dell’erogatore per assicurarsi che funzioni. 

Continua nella seconda parte

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