
Nuovo Codice della Nautica, una rubrica dedicata all’approfondimento – applicazione e denominazioni
Al via la nostra rubrica interamente dedicata al nuovo Codice della Nautica. Nel primo contributo analizziamo le disposizioni generali che individuano l’ambito di applicazione e presentano una nuova suddivisione delle costruzioni dedicate alla navigazione da diporto
Il nuovo Codice della Nautica è entrato ufficialmente in vigore lo scorso 13 febbraio (Decreto Legislativo 229/2017, in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 23 del 29/01/2018). Liguria Nautica vi ha raccontato nei mesi scorsi le vicende relative alla sua approvazione e le principali novità. Continueremo ora a scriverne, analizzando gli aspetti più rilevanti e seguendo gli sviluppi della prassi e delle interpretazioni che saranno nel tempo fornite dagli Uffici e dai Tribunali.
Inauguriamo, perciò, una vera e propria rubrica dedicata al nuovo Codice della Nautica e cominciamo dall’inizio, approfondendo le disposizioni generali, che ne individuano l’ambito di applicazione e forniscono una nuova suddivisione giuridica delle costruzioni dedicate alla navigazione da diporto.
NUOVO CODICE DELLA NAUTICA: L’AMBITO DI APPLICAZIONE
Il Codice si applica alla navigazione da diporto e cioè, esplicita l’art. 1, quella “effettuata in acque marittime ed interne a scopi sportivi o ricreativi e senza fine di lucro, nonché quella esercitata a scopi commerciali”, anche mediante le navi destinate esclusivamente al noleggio per finalità turistiche.
Per quanto non sia previsto dal Codice, invece, alla navigazione da diporto si applicheranno le leggi, i regolamenti e gli usi di riferimento. In mancanza, si dovrà fare riferimento alle disposizioni del codice della navigazione (Regio Decreto 327/1942) e le relative norme attuative, equiparando le imbarcazioni da diporto alle navi e ai galleggianti di stazza lorda non superiore alle 10 tonnellate, se a propulsione meccanica ed alle 25 tonnellate in ogni altro caso.
UNITÀ DA DIPORTO UTILIZZATE PER FINI COMMERCIALI
Si è detto che costituisce navigazione da diporto anche quella esercitata a scopi commerciali. Questi si ritengono sussistenti, secondo il nuovo art. 2 del Codice, quando l’unità da diporto sia:
- oggetto di contratti di locazione e di noleggio;
- utilizzata per l’insegnamento professionale della navigazione da diporto;
- utilizzata da centri di immersione e di addestramento subacqueo come unità di appoggio per coloro che praticano immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo;
- utilizzata per assistenza all’ormeggio nell’ambito delle strutture dedicate alla nautica da diporto;
- utilizzata per l’attività di assistenza e di traino.
In tutti questi casi, l’utilizzazione a fini commerciali deve essere annotata nell’Archivio telematico centrale delle unità da diporto (ATCN), con l’indicazione delle attività svolte, dei proprietari o degli armatori e gli estremi della loro iscrizione nel Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio. I dati dell’annotazione sull’ATCN dovranno poi essere riportati sulla licenza di navigazione.
Se invece tali attività vengono svolte stabilmente in Italia con unità da diporto battenti bandiera di un Paese UE o extra-UE, l’esercente deve presentare allo Sportello telematico del diportista (STED) una dichiarazione contenente le caratteristiche dell’unità, il titolo che attribuisce la disponibilità della stessa, la certificazione di sicurezza, nonché gli estremi della polizza assicurativa a garanzia delle persone imbarcate e di responsabilità civile verso terzi. Sono considerate unità utilizzate a fini commerciali anche le navi destinate esclusivamente al noleggio per finalità turistiche, per le quali è dettata una specifica disciplina alla Legge 172/2003.
DENOMINAZIONI: UNITÀ DA DIPORTO, NAVI, NATANTI, MOTO D’ACQUA
Una grande novità del nuovo Codice riguarda le denominazioni delle costruzioni destinate alla navigazione da diporto, che vengono riviste e modificate come segue:
unità da diporto – ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto;
nave da diporto maggiore – ogni unità con scafo di lunghezza superiore a 24 metri e di stazza superiore alle 500 gross tonnage o a 600 tonnellate di stazza lorda;
nave da diporto minore – ogni unità con scafo di lunghezza superiore a 24 metri e di stazza fino a 500 gross tonnage ovvero a 600 tonnellate di stazza lorda (escluse le unità di cui al punto successivo);
nave da diporto minore storica – ogni unità con scafo di lunghezza superiore a 24 metri e di stazza fino a 120 gross tonnage ovvero 100 tonnellate di stazza lorda, costruita in data anteriore al 1° gennaio 1967;
imbarcazione da diporto – ogni unità con scafo di lunghezza compresa tra 10 e 24 metri;
natante da diporto – ogni unità a remi ovvero con scafo di lunghezza pari o inferiore a 10 metri, con esclusione delle moto d’acqua;
moto d’acqua – ogni unità da diporto con lunghezza dello scafo inferiore a 4 metri, che utilizza un motore di propulsione con una pompa a getto d’acqua come fonte primaria di propulsione e destinata a essere azionata da una o più persone sedute, in piedi o inginocchiate sullo scafo, anziché al suo interno.
La lunghezza dello scafo, ai sensi dell’art. 3 del Codice, deve essere misurata secondo la norma armonizzata UNI/EN/ISO/8666.
Maria Elena Iafolla
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