
Andrea Balistreri è il più giovane maestro d’ascia d’Italia: “Lavoro con mio padre che mi ha insegnato l’orgoglio di questo mestiere”
Michele e Andrea Balistreri, padre e figlio, sono due maestri d’ascia di La Spezia. Sono tra gli ultimi artigiani a costruire le barche per il Palio del Golfo e realizzando ancora il calafataggio
Michele Balistreri è nato nel 1949 a Pachino, in provincia di Siracusa. Negli anni ’70 è arrivato in Liguria, dove ha cominciato a lavorare in proprio come maestro d’ascia, professione che svolge tutt’ora, dopo una lunga esperienza maturata già in Sicilia, sin da ragazzino.
Ad aiutarlo c’è Andrea Balistreri, nato a La Spezia nel 1979. Dopo aver terminato le scuole medie, ha iniziato subito a lavorare con suo padre, quando aveva appena 16 anni. I due maestri d’ascia Balistreri lavorano principalmente da Valdettaro, al Porto delle Grazie. Lavorano sia con i cantieri che con armatori privati.
Il loro è un mestiere prestigioso, ma che richiede tempo, perché la barca non ha nulla in squadra, quindi bisogna inventare tutto. Padre e figlio ritengono che lavorare il legno sia bellissimo, perché “il legno è vita”. Entrambi hanno tanta passione, dato che il loro lavoro è abbastanza pesante.
I maestri d’ascia Balistreri realizzano ancora il calafataggio, ovvero la procedura per rendere stagno uno scafo. Si tratta di una tecnica di impermeabilizzazione dello scafo in legno, eseguita dal mastro calafato, che crea una giunzione tra le tavole del fasciame in grado di reggere il mare e resistere nel tempo.
In passato la tecnica consisteva essenzialmente nell’inserire tra il fasciame, che costituisce lo scafo, delle fibre, spesso canapa o stoppa, impregnate di pece. Attualmente viene utilizzata la cotonina o la canapa e resine sintetiche o catrame.
L’azione avviene manualmente, usando una mazzuola di legno, detto “maglio da calafato”, e un particolare scalpello a punta piatta, detto “malabestia”, che permette di spingere la fibra, senza tagliarla, all’interno dei “comenti”, ovvero le connessioni tra le tavole del fasciame. La loro soddisfazione più bella è quando i cantieri li richiamano per assegnargli un nuovo lavoro.
Michele Balistreri, come ha iniziato a fare questo lavoro?
Io sono siciliano e da ragazzino, nel doposcuola, ho iniziato a lavorare nell’isola di Capo Passero, vicino a Portopalo. C’era un mastro d’ascia che mi insegnava tutto, sin da quando ero bambino. Lui costruiva i pescherecci e ricordo che faceva tutto a mano.
Andrea Balistreri, quindi la sua strada era già scritta?
Diciamo di sì. Durante le vacanze estive, andavo in officina da mio padre e mi mettevo all’opera con i primi lavoretti. Facevo tutto quello che potevo e serviva: ad esempio verniciavo carene ma spazzavo anche per terra. Mi piaceva stare in mezzo alle barche e da allora l’odore delle falegnamerie mi ha sempre accompagnato.
Ha mai pensato di svolgere un altro lavoro?
Di studiare non ne avevo voglia. E non avevo altre alternative. Ma non si è trattata di una scelta forzata. E’ stata una scelta che rifarei di nuovo perché mi piace molto. Questo lavoro non è mai scontato, ogni giorno innesca una nuova dinamica. E c’è sempre da imparare, anche a 71 anni.
Com’è stata l’evoluzione del lavoro del maestro d’ascia?
Noi siamo prestatori di mano d’opera, quindi lavoriamo presso i cantieri che ci chiamano o direttamente per i privati che ci contattano. Giriamo entrambi con il nostro furgone, con a bordo gli attrezzi. Ci sono lavori che esigono un po’ più di industrializzazione, ma il nostro è un mestiere di nicchia. Ci vuole il tempo che ci vuole. Lavoriamo dal peschereccio al gozzo, dalla barca d’epoca fino a quelle più prestigiose. Costruiamo anche le barche del Palio del Golfo di La Spezia e siamo tra gli ultimi che le fanno.
Andrea, il maestro d’ascia è un lavoro che ha ancora un richiamo per i giovani?
Nel 2009 ho sostenuto l’esame e sono diventato mastro d’ascia. E così anch’io, dopo mio padre, sono entrato nell’Albo. In quel momento, con i miei 29 anni d’età, ero il più giovane maestro d’ascia d’Italia. Il titolo di maestro d’ascia ti responsabilizza, ma subito dopo aver passato l’esame, bisogna far parlare le mani. L’esame è stato abbastanza difficile ma era una qualifica che ci tenevo molto ad avere.
Andrea, com’è lavorare insieme a tuo padre?
Mio padre è il guru, nonostante abbia un’umiltà che non è da tutti. A livello burocratico sono io il capo, perché lui è in pensione e io gli pago i contributi. Molte decisioni le prendo da solo, ma molte volte è lui a darmi consigli. La nostra fortuna è quella che abbiamo un carattere molto simmetrico, quindi non litighiamo o se litighiamo, finisce lì.
Oltre che il mio mentore sul lavoro, è anche mio padre: mi ha insegnato a essere un mastro d’ascia e a essere uomo. Non possiamo fare a meno dell’altro, entrambi sappiamo come lavora l’altro. Sono orgoglioso di essere stato il suo garzone e lo sono tutt’ora. Siamo molto coordinati, affiatati, lavoriamo con massima armonia. Non sarei niente senza di lui.
Giuseppe Orrù
Foto di Claudio Colombo
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