Immersioni: come diventare cacciatori di relitti (parte 2)

Vi piacerebbe scoprire un relitto sommerso? E' tutta questione di buona volontà! Ecco qualche utile consiglio per diventare dei veri e propri cacciatori di navi sommerse

Siamo arrivati alla biblioteca dunque. Luogo che, al pari dei fondali del mare, è l’ambiente più consono ad un cacciatore di relitti che si rispetti. Solitamente, questo non è solo il punto di partenza della nostra caccia ma anche quello di ritorno perché, una volta visitato il relitto, vorremmo sapere più notizie possibili sulla nave sommersa, sul suo carico, sulle sue vicende marine e sulle cause del naufragio.

Ma dove cominciare a cercare le tracce di una nave affondata in una biblioteca? Un buon inizio è la consultazione dei giornali locali delle città portuali. Nati per essere fonte di informazioni, sin dal loro apparire questi quotidiani proponevano ai loro lettori una rubrica sulle attività del porto che riportava il nome delle navi approdate o in partenza e il relativo carico. In queste righe viene data anche notizia di affondamenti o incagliamenti.

Quando accadevano questi inconvenienti, i colleghi dell’epoca non tralasciavano di raccontare, nei numeri successivi che vanno seguiti con molta attenzione, se e come lo scafo è stato recuperato oppure no (e qui lo cacciatore drizza le antenne!) e fornivano sempre informazioni utili su eventuali problemi o disagi per la navigazione. Informazioni che sono oro colato per il cacciatore di relitti. Non trascurate di prendere nota anche delle condizioni meteorologiche del giorno del naufragio e, se sono riportate, anche dello stato del mare e del giro del vento. Tutte notizie che trovate sempre sul vostro giornale.

Queste sono informazioni indispensabili per ricostruire la dinamica del naufragio. Ogni porto ha le sue caratteristiche e le sue specifiche difficoltà che, in determinate condizioni di vento e di mare, mettevano a dura prova le navi che vi cercavano rifugio. Conoscere la direzione del vento e avere qualche nozione di come si conduce una barca a vela, è indispensabile per restringere il tratto di mare in cui può essere naufragato il relitto.

Prima dell’avvento del motore, e anche dopo in parte, l’entrata in porto era la manovra più difficile che un capitano doveva condurre e ogni approdo presentava i suoi particolari rischi che mettevano a prova l’abilità del timoniere e dell’equipaggio. Un po’ come avviene oggi con gli incidenti stradali, che si concentrano sempre negli stessi tratti di strada. Così è capitato che chi cercava una nave, ne abbia trovato un’altra affondata nella stessa secca o contro la medesima scogliera ma in momenti diversi!

E’ stato proprio alla Marciana, spulciando la Gazzetta del 19 novembre 1860, che mi è capitato di leggere che un brigantino prussiano di nome Hellmuth era affondato mentre cercava di entrare nella bocca di porto del Lido di Venezia a causa del cattivo tempo e della bora. Trasportava un carico di carbone coke, cioè carbone di bassa qualità e sempre la Gazzetta, nei giorni successivi, dava notizia che la proprietà aveva deciso che non valeva la pena sostenere le spese per il recupero dello scafo. L’Hellmuth era ancora là, quindi. E nella mia testa riecheggiò immediatamente una voce: “Vienimi a trovare. Son qui che ti aspetto da un secolo e mezzo”.

A questo punto, non resta che procurarsi una carta nautica risalente dell’epoca del naufragio. Anche questa facilmente reperibile per la consultazione in una buona biblioteca di ogni città marinara. Non sto a spiegarvi che le secche, le coste e soprattutto gli accessi ai porti, sono cambiati radicalmente nel corso dell’ultimo secolo. E’ indispensabile stabilire, per prima cosa, il probabile punto del naufragio nella posizione dell’epoca in cui avvenne.

Il punto successivo non è affatto facile. Bisogna rapportare l’antico col moderno e determinare il punto il più possibile preciso dell’affondamento in una carta nautica aggiornata, che è quella che useremo per la ricerca in mare. Ed è un compito più difficile di quello che, chi non ci si è mai cimentato, potrebbe pensare. Anche perché le coordinate nel tempo sono cambiate ed una approssimazione superiore a qualche centinaio di metri allargherebbe troppo la nostra area di ricerca.

Non ci sono regole valide per tutti i casi e per tutte le mappe. Aiuta il riconoscimento di qualche punto rimasto invariato nel tempo, la trigonometria che avete studiato al liceo e, naturalmente, tutte le tecniche di rilevamento del punto e di uso delle carte di Mercatore che vi hanno insegnato al corso per la patente nautica. Ma finalmente abbiamo un probabile punto di naufragio e possiamo cominciare la parte che, diciamoci la verità, ci attira di più: la ricerca in mare!

Di questo parleremo nella  terza e ultima puntata del nostro piccolo corso per cacciatori di relitti.

Riccardo Bottazzo

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