Ad Alessandria d’Egitto gli archeosub riportano a galla i tesori della città sommersa di Heracleion

La città scomparve nel VI secolo dopo un violento terremoto. Oggi è possibile visitarla con un tour virtuale sul sito dell'Institut Européen d’Archéologie Sous-Marine

Per gli antichi greci era Heracleion, per gli egizi Thonis. Per noi è ancora un mistero. Sprofondando nel Mediterraneo, per motivi ancora ignoti, all’inizio del VII secolo Avanti Cristo, la città si è trascinata nei fondali marini anche la sua storia. Solo il mito è riuscito a volare sino ai nostri tempi e ci ha riportato la leggenda di una grande metropoli sulla foce del Nilo, fulcro nevralgico dei commerci tra l’Africa e i porti mediterranei.

Una grande e nobile città fondata dagli amanti Paride ed Elena, in fuga da Menelao, re di Sparta e legittimo consorte della donna che Afrodite stessa aveva eletto come la più bella del mondo. Successivamente il semidio Ercole, peregrinando per il mondo alla ricerca delle sue Dodici Fatiche, ci si fermò e le dette il suo nome, “Heracleion”.

Storici importanti come Stradone, Diodoro Siculo e lo stesso Erodoto, riportano qualche accenno su questa città che nei secoli VI e IV a. C. doveva essere il principale porto dell’Egitto e che fu la culla del culto di Amon. Quanto successe in seguito, possiamo solo immaginarlo. Le teorie più accreditate parlano di un probabile terremoto e di una successiva inondazione che sommerse l’intera città sino quasi a cancellarne il ricordo.

Per gli storici moderni, Heracleion non era niente di più di una leggenda tra le tante che il mondo antico ci ha consegnato. Una leggenda come quella della mitologica Atlantide. Molti studiosi dubitavano addirittura che Heracleion e Thonis fossero la stessa città ed ipotizzavano che solo la seconda fosse realmente esistita, relegando la prima ai miti legati ad Ercole, come il Giardino delle Esperidi.

Una antica statua sommersa

Nella città sommersa di Heracleion, gli archeologi subacquei hanno trovato statue anche di grandi dimensioniAL largo di Alessandria d’Egitto

Per fortuna, arriva sempre qualcuno che nei miti e nelle leggende decide di credere! Come è accaduto con Troia, anche Heracleion ha avuto il suo Heinrich Schliemann nella persona dell’archeologo subacqueo francese Franck Goddio che nel 2000 decise di immergersi proprio là, nella baia di Abukir dove, nei remoti tempi dei faraoni, il Nilo si gettava nel Mar Mediterraneo e dove gli antichi testi affermavano che doveva sorgere la città perduta.

E così Heracleion abbandonò il mito per diventare parte integrante della storia antica, portando con sé molti misteri ma anche molte scoperte che hanno contribuito a scrivere capitoli importanti dell’archeologia del mare. Il sito ha restituito, sino ad ora, 64 relitti di navi, 700 ancoraggi, molte statue, steli in greco e in geroglifico per lo più riguardanti le tasse da pagare sull’importazioni delle merci, monete e una quantità incredibile di manufatti militari, civili e religiosi. Tutto materiale ben conservato perché la sabbia lo ha ricoperto e protetto dall’usura del mare.

“Siamo solo all’inizio della nostra ricerca”, ha dichiarato al quotidiano La Stampa, l’archeologo Franck Goddio. “Probabilmente -ha sottolineato- dovremo continuare a lavorare per i prossimi 200 anni perché Thonis-Heracleion possa essere pienamente scoperta e compresa”. Oggi quanto resta dell’antica Heracleion, rimane infatti ancora mezzo sepolto dalla sabbia, ad una trentina di metri di profondità, a poche miglia marine al largo di Alessandria d’Egitto.

Il sito, purtroppo, è accessibile solo agli archeologi subacquei. Nelle pagine internet dell’Institut Européen d’Archéologie Sous-Marine, fondato dallo stesso Franck Goddio, è disponibile comunque una interessante mappa interattiva che permette un viaggio visivo nella sommersa Heracleion con belle immagini ed interessanti filmati che descrivono il lavoro degli archeosub e presentano le tante scoperte effettuate in questo ricchissimo sito archeologico. Certo, noi le antiche città sprofondate preferiamo visitarle con le pinne ai piedi e l’erogatore in bocca ma questa volta dobbiamo accontentarci di un tour virtuale.

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