Alessandro Magno e il mostro marino. La leggenda del primo subacqueo al mondo

Secondo il mito fu il grande conquistatore macedone il primo uomo che si immerse nel mare per esplorare gli abissi sconosciuti

Se non vi siete mai chiesti chi fu il primo subacqueo al mondo, rimarrete sorpresi quando vi racconterò che fu nientepopodimeno che Alessandro Magno. Già, proprio lui, il grande conquistatore macedone che nel IV secolo Avanti Cristo guidò le sue invincibili falangi sino alla valle dell’Indo travolgendo un colosso secolare come l’impero persiano della dinastia Achemenide.

Certo, si tratta poco di più che di una leggenda costruita dalla straordinaria macchina di propaganda dal geniale stratega greco che nelle sua campagne si faceva accompagnare da un autentico battaglione di storici e di scrittori. Oggi lo chiameremo “ufficio stampa”. Fatto sta che tra i racconti fatti circolare dagli scribacchini per esaltare la grandezza del nostro Magno, assieme alla faccenda della sua discendenza da parte materna dal pelide Achille (quello omerico dal tallone difettoso), c’è la storia di una sua immersione negli abissi del mare.

Proprio così. Dopo aver conquistato tutto quello che c’era da conquistare sulla terraferma, il prode generale macedone decise di andare a vedere cosa ci fosse negli abissi del mare, casomai trovasse qualcosa da invadere anche là. Fatto sta che si fece chiudere in una grande palla di vetro e ordinò ai suoi soldati di calarla appesa ad una cima negli abissi del mar Egeo.

La discesa di Alessadro nella sfera di vetro in una miniatura persiana

La leggenda fu ripresa dagli storici medioevali per i quali Alessandro Magno era una vera e propria fonte di ispirazione, perché incarnava l’ideale dell’uomo che osava spingersi oltre i limiti che la natura ha imposto ai comuni morali. Secondo i resoconti degli scrittori medioevali, che certo non trascurarono di metterci del loro per rendere più appetibile la vicenda, il conquistatore rimase nel suo Skape Andros, come fu nomato il suo prototipo di sottomarino, dalle 10 di mattina alle 10 di sera.

Un intervallo di tempo assolutamente impossibile, osserviamo col senno di oggi, per consentire al macedone di non soffocare, a meno che la sfera non fosse talmente grande da contenere un campo da basket! Ma le leggende non si misurano col metro della fisica e dietro questa fantasiosa immersione si nasconde una autentica curiosità che Alessandro nutrì per gli allora misteriosi abissi marini, unita ad un profondo interesse per i mezzi e gli strumenti atti ad esplorarli.

Interesse che, con tutta probabilità, gli fu trasmesso dal suo tutore, il filosofo Aristotele, che tra un ragionamento sull’etica e una disquisizione sulla metafisica, si occupò anche di mettere a punto applicazioni pratiche per l’immersione come botti calafatate dotate di canne collegate alla superficie per permettere il ricambio d’aria a chi ci era stato infilato dentro.

Lezioni che il giovane Alessandro doveva aver seguito con molta attenzione – certamente più degli insegnamenti di ontologia! – perché, sempre secondo i racconti diffusi dal suo “ufficio stampa”, durante l’assedio a Tyre, l’odierna Tiro, Alessandro riuscì a portare le sue navi dentro il porto grazie all’impiego di una speciale squadra di subacquei che rimosse le catene e gli altri ostacoli che gli assediati avevano posto a difesa della città. Questi soldati, che i romani presero ad esempio per fondare lo speciale corpo degli “urinatores”, riuscivano ad immergersi per lunghi periodi respirando da speciali sacche realizzate con stomaci animali e gonfiate d’aria. 

Ma come finì l’avventura di Alessandro nella sfera di vetro che potremmo definire come la prima esplorazione, sia pure mitologica, dell’uomo nelle profondità marine? Non benissimo per il prode generale. La leggenda narra infatti che, arrivato sul fondo del mare, lo Skape Andros fu avvicinato da un enorme mostro marino, talmente orribile che le parole non bastano a descriverlo, che rimase a lungo a gironzolare attorno alla sfera cercando di decidere se farne un solo boccone o no. Una volta riportato in superficie, Alessandro non volle più ritentare l’esperienza, si fece passare il desiderio di invadere anche gli abissi del mare e decise di andare a conquistare Persepolis dove, male che andasse, non avrebbe incontrato altri mostri marini.

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3 commenti

  1. luciano says:

    A Palazzo del Principe a Genova c’è (c’era?) un arazzo che rappresenta la stessa scena, Alessandro Magno in immersione all’inetrno di una sfera trasparente

  2. Rossella Paternò says:

    Buongiorno. Articolo interessante. Posso conoscere (in privato) i riferimenti bibliografici di questo passaggio ? “Questi soldati, che i romani presero ad esempio per fondare lo speciale corpo degli “urinatores”, riuscivano ad immergersi per lunghi periodi respirando da speciali sacche realizzate con stomaci animali e gonfiate d’aria.” Grazie

    • Buongiorno a lei. Degli urinatores e sulle sacche gonfie d’aria che a volte utilizzavano per prolungare l’apnea, parlano diffusamente molti autori antichi come Erodoto e Tucidite. Ma “foto d’epoca” – intendo: bassorilievi su pietra – ritraenti nuotatori che respirano da sacche, ne sono state trovate anche in Mesopotamia. In epoca romana, gli urinatores divennero una vera e propria corporazione che gestiva i recuperi marini, come ci spiegano, tanto per citare due grandi storici, Tito Livio e Plinio il Vecchio. In quanto alla bibliografia, per restare sui titoli in lingua italiana, le posso segnalare il “Manuale di archeologia subacquea” di Fabio Maniscalco, dove si parla diffusamente di questi antichi “colleghi”, oppure il “De urinatoribus: i sub dell’antichità” di Enzo Nardi tratto dagli atti di un convegno di archeologia marina al quale avevo partecipato. Se lei è interessata all’argomento, le posso inviare una tesi di laurea specialistica di archeologia subacquea molto ben documentata sulle imprese e sulle tecniche degli urinatores. In ogni caso, la ringrazio perché mi ha dato l’idea di dedicare una delle prossime rubriche su Liguria Nautica a questi antichi esploratori degli abissi.

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