Sicurezza Navale: Quali passi avanti (e quali miglioramenti) servono ancora? Parla l’esperto

Parliamo di sicurezza navale : come sta il comparto italiano? Cosa si potrebbe fare per miglorarlo? Il nostro Daniele Motta ha fatto il punto con un esperto del settore

17 November 2015 | di Redazione Daily Nautica

L’argomento è sempre di attualità: stiamo parlando di sicurezza navale, un argomento che nel settore racchiude mille aspetti che vanno dalla tecnologia, la formazione e la cultura marittima. In questo articolo proponiamo un interessante punto di vista, offerto da un esperto del settore, il Prof. Antonio Caputo, in merito al generale stato della sicurezza nel nostro comparto. Buona lettura.
LN – Come sappiamo tra il 2012 ed oggi ci sono stati due importanti sinistri marittimi (Concordia e Norman Atlantic) che hanno riguardato molto da vicino il nostro Shipping, secondo lei e fatte sempre le dovute eccezioni, come giudicherebbe il generale standard di sicurezza navale?
AC – Verso la fine del 2011 sono andate perse delle bulk carriers che trasportavano nickel indonesiano a causa della liquefazione di questo particolare tipo di carico. Il repentino affondamento di queste bulk ci fece meditare profondamente visto che sembrava che si fosse raggiunto un buon livello della sicurezza in campo marittimo a quasi cent’anni dall’affondamento del Titanic. Il nuovo anno, il 2012, lo avrebbe potuto suggellare ed invece…
Non voglio entrare nel dettaglio per quanto riguarda la Costa Concordia, troppi in quei giorni, in questi anni, hanno voluto dire la loro avendone o meno le giuste competenze per farlo. Lo stesso lo potrei affermare per la Norman Atlantic.
Voglio solo ricordare alcuni commenti al primo report ufficiale redatto dal MIT sul sinistro della Costa Concordia. Ricordo che i commenti postati da gente del settore ma di altre nazionalità, riguardavano gli allarmi dell’ECDIS, allarmi che possono essere di diverso tipo come ben sappiamo. La critica ricorrente era che il report non toccava questo delicato argomento lasciando il lettore nel dubbio: è stata una dimenticanza del personale di bordo o di chi ha redatto il report?
L’elemento umano ritorna in maniera preponderante anche in questo sinistro.
Sempre sui social network ho letto un commento molto interessante sul sinistro della Norman Atlantic. Lo aveva postato un blogger statunitense, credo un ingegnere navale. Le critiche riguardavano la progettazione della ro-ro che ha, nel ponte quattro, se non ricordo male, un ponte parzialmente chiuso dotato anche di grosse aperture a murata proprio in corrispondenza dei due MES che si trovano nel ponte superiore insieme ai vari LSA. Il blogger criticava l’evidente ricambio d’aria, di comburente, che si era venuto a creare durante l’incendio dei mezzi gommati presenti sul ponte quattro, e questo nonostante in tutti i corsi antincendio si spiega l’ormai classico triangolo del fuoco. Le critiche possono essere mosse al tipo di progetto ma è anche vero che, per certo, una nave ro-ro uguale, stesso cantiere, ha avuto un principio d’incendio ad un TIR rizzato sul ponte 4, propagatosi poi ai TIR limitrofi. L’ incendio, dopo alcune ore è stato spento dal sistema drencher presente a bordo della nave. Certamente questa conformazione del ponte 4, aperto ma chiuso al tempo stesso, è abbastanza atipica.
La flotta mercantile nazionale, con riferimento all’intervista del Dott. Manuel Grimaldi, presidente di Confitarma, apparsa sull’ultimo numero della rivista TTM: “Nonostante la crisi, a inizio 2015 sono entrate in esercizio nuove navi”. L’intervista al Presidente di Confitarma conferma una crescita dal 2008 del 21% della flotta che si traduce in un’età delle navi che inalberano il tricolore relativamente giovane.
In una nave nuova, appena messa in servizio il rischio di un’avaria non si mantiene costante nel tempo. Nei primi tempi, il numero delle avarie è paragonabile a quello che avrà verso il termine della sua operatività secondo un diagramma detto a “vasca da bagno” (bathtub curve) che ha due massimi all’inizio e alla fine della vita operativa della nave ed un minimo per quasi tutta la durata della vita operativa della nave. Mantenere basso questo tasso di avaria vuol dire aumentare il livello di sicurezza della nave per buona parte della vita operativa della nave.
La tecnologia di oggi ha preso il posto del giravite che i vecchi motoristi usavano per meglio “sentire” il funzionamento di un motore, ponendolo a contatto del motore e della loro tempia.
Il moderno monitoraggio in presa diretta degli impianti nevralgici della nave consente di migliorare la sicurezza di tutta la nave oltre che ridurre i costi di esercizio al contrario di quanto avviene, o avveniva con il sistema, e la certificazione, della manutenzione programmata.
Le compagnie di armamento che stanno sul mercato hanno tutte uno standard elevato di sicurezza per quanto riguarda l’aspetto tecnico delle loro navi. La tecnica è venuta incontro alle esigenze della sicurezza ma sempre con le dovute cautele visto che non possiamo permetterci il lusso di innamorarci solo di questo aspetto.  Resta sempre l’elemento umano a farla da padrona.

Daniele Motta
Perito e Consulente Navale

www.perizienavali.it – e-mail: info@studiomcs.org
Tel. +39 389 006 3921

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1 commento

  1. Franciccio says:

    diciamo che il parco navi attualmente impiegato nei nostri mari è tutt’altro che “giovane”, la media sta intorno ai 20, tutt’altro che rare le over trenta, detto questo occorre dire che le norme di sicurezza più sostanziali non sono retroattive, vedasi protezione passiva incendio, design antifalla, ridondanze sistemi primari ecc.
    Sommando questo al livello di formazione del personale imbarcato, sempre più basso, si ottiene un mix che spiega i sinistri avvenuti e quelli futuri.
    Un sistema drencher è in grado di spegnere le fiamme dell’inferno, dando anche una sciacquata alle ascelle di Belzebù, ma se l’ufficiale di macchina ha chiuso la valvola manuale di intercettazione della mandata delle pompe perchè confusa con quella dello scarico f.b., oppure se l’ufficiale di coperta italiano continua a resettare gli allarmi smoke perchè lo infastidiscono durante la guardia sul ponte, allora c’è ben poco da fare.
    Nel dettaglio la Normand aveva si le aperture a murata sul ponte ro-ro, ma aveva anche un sistema drencher più che adeguato, nessuna apertura a murata in corrispondenza delle LSA e protezione passiva A60 in corrispondenza delle stesse,ma guardacaso il sistema drencher , diversamente dallo sprinkler e hi-fog, richiede l’intervento umano per l’attivazione (far partire una pompa ed aprire una valvola).
    Anche quando gli accorgimenti tecnici sono ai massimi livelli, il fattore umano rimane una maglia della catena della sicurezza e si sa, una catena è forte quanto la sua maglia più debole.
    Mi sarei aspettato una circolare IMO sull’implementazione di sistemi drencher fully automated, similmente ai sistemi local application per machinery spaces, ma ancora nulla….

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