Giovanna Vitelli a DN: Benetti compie 150 anni e guarda al futuro – Video

Daily Nautica intervista la presidente del gruppo Azimut Benetti, Giovanna Vitelli: "Questa è la storia di due famiglie che si sono sempre comportate come persone di grandi valori, dove i dipendenti hanno una grande importanza e la parola data ha un significato"

6 July 2023 | di Maria Cristina Sabatini

Daily Nautica, in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dello storico cantiere italiano Benetti, ha avuto il piacere di intervistare Giovanna Vitelli,  da pochi mesi alla guida di Azimut Benetti. Prima di lei, a condurre il primo gruppo al mondo per la produzione di superyacht, secondo la prestigiosa classifica stilata ogni anno dal Global Order Book, è stato l’ingegner Paolo Vitelli.

Passione, dedizione, cura, attenzione verso il prossimo, rispetto della parola data, innovazione e sostenibilità. Sono questi i capisaldi del pensiero della presidente di Azimut Benetti, emersi chiaramente nel corso della nostra intervista. Questi “primi” 150 anni del cantiere Benetti, per la presidente Vitelli, non sono solo un compleanno ma “il tributo a un buon pezzo della storia della nautica“.

Benetti. Dal 1985 una storia di famiglia 

Era il 1985, quando, l’ingegner Paolo Vitelli, padre di Giovanna, tornò a casa annunciando di essere riuscito ad acquistare Benetti, gioiello di eleganza amato dal jet set internazionale, simbolo di tradizione ma anche di innovazione. A quell’epoca, l’attuale presidente del gruppo Azimut Benetti aveva 9 anni. Oggi invece è nelle sue mani il compito di tramandare la storia di questo antico e prestigioso cantiere.

Questa – racconta Giovanna Vitelli – è la storia di due famiglie (Benetti e Vitelli n.d.r.) che si sono sempre comportate, riconosciute dal mercato, come persone di grandi valori, dove le maestranze, i dipendenti hanno una grande importanza, dove la parola data ha un significato. Un mondo di gentleman come erano i Benetti, che mio papà ha portato avanti e a cui sento la responsabilità, il dovere e anche il piacere di dare continuità”.

Qual è la cosa che suo padre le ha trasmesso di più?

“La grande passione per gli yacht. Questa è una industria che, nonostante le dimensioni, è mossa molto dalla passione: fai lo yacht giusto e sei vincitore, fai lo yacht sbagliato e sei perdente, subito. Quindi, una grande dedizione, ma  anche un grande amore per questo oggetto”.

Come sarà il Benetti del futuro?

“Il Benetti del futuro sarà un Benetti che preserva i valori del passato, ma io vedo la necessità anche di un po’  di modernizzazione nell’organizzazione, nello strutturare l’azienda. Noi siamo un gruppo da 2.200 dipendenti e io credo moltissimo nella trasparenza e nella modernità dell’organizzazione, in cui le persone abbiano chiaramente un ruolo e in cui si creino anche dei ruoli nuovi e più al passo coi tempi.

Credo moltissimo in questa ricerca di sostenibilità non fatta di parole ma di fatti veri. Tutti annunciano cose per un mondo che verrà ma noi intanto, già oggi, siamo gli unici con Benetti ad avere in acqua un ibrido che naviga e che rilascia il 70% in meno di emissioni di NOx. Quindi non la premessa per un lontano futuro ma una realtà di oggi. Senza contare che all’interno del gruppo, dove beneficiamo di una ricerca comune, siamo riusciti, sui modelli plananti di taglia Azimut, ad avere già oggi il 30% in meno di consumi grazie alla pura applicazione di cultura navale: forme di carena, propulsione, alleggerimento dell’oggetto”.

La nautica è un mondo più maschile che femminile. Come si sente una donna in una posizione così importante?

“È una domanda difficile che forse riguarda tutta la nostra società. Io mi rendo conto del privilegio che ho avuto, essendo figlia d’arte è stato certamente più facile. Credo fermamente nella capacità delle persone. Penso che dovremmo scegliere uomini e donne per la loro competenza, ma le donne dovrebbero avere le stesse opportunità che hanno gli uomini per poterla dimostrare. Non credo, forse, necessariamente nelle quote rosa, ma credo che dovremmo avere asili, scuole e un sostegno alle donne. Mi fa piacere che da noi figure tecniche come project manager, sempre di più siano donne e molto brave. Forse perché il project manager per sua natura deve gestire la complessità, la molteplicità di aspetti e noi donne siamo abituate a doverne gestire tanti sia in casa che sul lavoro”.

 

 

 

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