Tra realtà e leggenda l’incredibile storia dei falò di Camogli

Sabato 12 maggio nel borgo marinaro di Camogli andrà in scena la Festa di San Fortunato, una delle più spettacolari della Riviera Ligure. Ecco come è nata e come è giunta sino ai giorni nostri l'antica tradizione dei falò che ogni anno si ripete

9 May 2018 | di Marco Partelli
I falò di San Fortunato del 2015 a Camogli
I falò di San Fortunato del 2015 a Camogli

Mancano ancora una manciata di giorni a sabato 12 maggio, giorno della tradizionale Festa di San Fortunato, patrono di Camogli, uno dei borghi più celebri e suggestivi della Riviera Ligure. La festa, che tutti gli anni richiama migliaia di persone da tutta la Liguria e non solo, inizia già dal primo mattino con mercatini e stand gastronomici in tutte le viuzze e piazze del paese.

Ma il momento più atteso della celebrazione è sicuramente la sera quando, dopo una processione verso la Basilica di Santa Maria Assunta, si apre attorno alle 23 e 15 uno degli spettacoli pirotecnici più coreografici della Liguria, a cui segue l’accensione dei falò dei quartieri Pinetto e Porto sulla spiaggia attorno alle 23 e 30 ad opera dell’Associazione di San Fortunato.

L’accensione dei falò è il momento più sentito dai camoglini ma in pochi conoscono le origini di questa bellissima tradizione. Sappiamo infatti che il borgo di Camogli (la cui etimologia pare possa essere la “casa delle mogli”) era abitato da chi viveva di mare e pesca, da veri e propri “lupi di mare” costretti a lasciare la propria dimora per solcare i mari alla ricerca del pesce.

La leggenda narra che la tradizione del falò sulla spiaggia nacque proprio come rito propiziatorio per salutare i marinai in partenza. Un fuoco che nasceva dalle sterpaglie accumulate sul litorale dopo la pulizia delle passeggiate e delle creuze. I quartieri che si adoperavano all’allestimento dei roghi erano ben dieci e ognuno issava la bandiera di appartenenza.

Nel Dopoguerra si diffuse poi una grande voglia di riscatto e molte persone, ritrovando un po’ di benessere economico, decisero di sostituire la vecchia mobilia di casa con una più nuova. Ma come disfarsi di tutto l’arredamento ormai consumato? Ecco allora che entrarono in scena i “ragazzi del falò” che per poche lire ritiravano a braccia o con carretti la vecchia mobilia per accumulare combustibile per allestire il proprio falò di quartiere.

Il barcone dell’Aze nel 1968 prima del falò (fonte Agenzia Bozzo)

La tradizione subì poi una svolta nel 1968 quando l’Aze (l’Asino), il barcone d’appoggio alla tonnara di Camogli, dovette essere sostituito dopo ben 46 anni di attività. L’imbarcazione venne quindi donata ai ragazzi del quartiere Porto che per celebrarla nel migliore dei modi decisero di riverniciarla, posizionare le luci e issare le vele un’ultima volta.

L’Aze venne quindi posizionato sull’arenile sopra una catasta di legna proprio davanti alla basilica di Camogli. La sera prima del falò si alzò un forte vento di libeccio e le onde arrivarono quasi a lambire la barca. Fortunatamente gli sforzi dei camoglini per proteggere lo scafo dalla tempesta vennero ripagati e la barca venne immolata alle fiamme la sera seguente. Così all’allegria del falò di San Fortunato quell’anno si mischiò anche la malinconia di chi conosceva la storia dell’Aze.

Da quel momento la tradizione dei falò si rinnovò completamente e le cataste di legna presero le forme più disparate grazie alle incredibili doti manuali dei camoglini: ecco allora comparire sulla spiaggia Iron Man, lo squalo, Nemo, l’Arca di Noè, il telefono, il cubo di Rubik e tanti altri soggetti.

Come è giunta fino ad oggi la tradizione dei falò

Attualmente sono due i quartieri rimasti, Pinetto e Porto, che tutti gli anni si sfidano per costruire il falò più spettacolare. Anche le regole sono cambiate nel corso degli anni e adesso non è più consentito dare fuoco a materiale verniciato o impiallacciato, Dal sito Facebook dell’Associazione culturale di San Fortunato, organizzatrice dell’evento, apprendiamo inoltre che a partire da quest’anno “i falò dovranno essere completamente vuoti. Significa che non potrà essere bruciato niente di diverso dalla legna usata per la struttura” e “tutto il materiale di recupero che veniva tradizionalmente accatastato in spiaggia per poi essere messo dentro al falò l’ultimo giorno (e che ha sempre garantito una bella durata del fuoco) non potrà prendere parte alla festa”.

Nonostante questi cambiamenti nei regolamenti soprattutto in campo di sicurezza e di tutela dell’ambiente, nel corso degli anni è rimasto immutato lo spirito che i camoglini mettono in questa manifestazione. Si inizia circa due settimane prima della data della festa, l’appuntamento è fissato dopocena sulla spiaggia. Si ritrovano avvocati, architetti, impiegati ma anche studenti e bambini, che sono proprio quelli che hanno il compito di portare avanti questa tradizione.

Per allestire i falò vengono utilizzate 25 penolle (lunghi tronchi d’albero diritti usati per lo scheletro della struttura soprattutto per dare forza alla costruzione in altezza), 300 tavole, 20 pacchi di listelli, 30 kg di chiodi, 2000 viti, 150 cartoni (che vengono colorati per ricoprire tutta la struttura), 25 fogli di faesite (utilizzata per le parti tondeggianti di copertura), 50 bombolette di vernice spray, 4 secchi di pittura, rulli e pennelli.

La mostra sui falò “figurativi”

Fino al prossimo 30 giugno ogni sabato e domenica sarà possibile visitare gratuitamente la mostra sui falò “figurati” presso il Castello della Dragonara di Camogli. Gli orari della mostra sono dalle 10 e 30 alle 12 e 30 e dalle 14 e 30 alle 18. All’interno sono esposte parecchie foto dei falò da quelle d’epoca a quelle più recenti e alcuni disegni progettuali dei falò “figurati” realizzati interamente a mano.

Fonte: Associazione culturale di San Fortunato

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10 commenti

  1. Lilla Mariotti says:

    Passarono gli anni, mani e mani di vernice ogni anno la rimettevano a nuovo e la barca andava avanti e indietro con il suo carico di uomini e di pesci finché un brutto giorno venne deciso che per lei era finita, l’unica soluzione era riempirla di sassi ed affondarla. Tutto questo succedeva alla vigilia della festa di San Fortunato del 1968 ed i ragazzi già da tempo stavano accatastando sulla spiaggia legna di tutti i tipi per il tradizionale falò che si accende al sabato sera, dopo la processione e i fuochi. Ma quell’anno nacque una disputa, sembra che per qualche motivo il falò non si dovesse fare e allora intervenne un altro personaggio storico della nostra città, Ido Battistone, ideatore del “DRAGUN” e delle sue future imprese, che fece il diavolo a quattro insieme ai ragazzi e non solo ottenne che il falò si facesse, ma ottenne anche da Cen, allora Rais della Tonnara, il vecchio “Asino” per rendere il falò più imponente.

    L’avventura non era finita. La barca fu issata sulla catasta, fu ridipinta, le fu messo l’albero, una vela, le luci di posizione, fu insomma addobbata e rivestita come se fosse pronta per un varo, quando improvvisamente, come può succedere qui nel nostro Golfo, si alzò una terribile libecciata che minacciò seriamente il falò e allora avvenne il miracolo: tutta la popolazione si mobilitò per riempire sacchi di sabbia e pietre accatastandole alla base del falò per contendere al mare quello che ormai riteneva suo di diritto. Calmatasi la libecciata, la mattina dopo uno strano spettacolo si presentò ai primi che accorsero sulla spiaggia: tutto intorno alla catasta di legna si era formato un solco, il mare era stato fermato dai sacchi di pietre e sabbia e l’asino troneggiava sulla catasta di legna come l’arca di Noé in cima all’Ararat.

    Dal sito di Lilla Mariotti mareblucamogli.com

  2. Ugo Fregara says:

    Veramente bello e molto interessante anche per un Camoglino che pur avendola vista nascere certe informazioni gli hanno fatto piacere

  3. smrncl says:

    Buongiorno,la storia moderna dei falò non può fare a meno di includere il faloò di Risseu vero protagonista con il Porto della nascita di questa tradizione negli anni cinquanta. La rivalità fra i due quartieri spesso sfociava in scontri a suon di lancio di pietre sulla spiaggia…(fortunatamente senza mai conseguenze gravi per nessuno) esistevano confini ben precisi,noi del porto non potevamo passare la quadrata senza pagare pegno e viceversa.Ricordo che i più grandi andavano a raccogliere rami e sterpagglie da bruciare lungo il torrente Gentile e sul Castellaro(all’epoca non vi erano cancelli) mentre noi piccoletti raccoglievamo le ”Buatte’ sulla spiaggia ed andavamo casa per casa a domandare qualche spicciolo per comprare i ”Fugai ” che i più grandi spareavano la sera della vigilia .Il quartiere Pinetto è successivo e lo si deve alla Sra Savina Verdina ed al marito Titta intorno al 1966/67 per accontentare i figli convinsero i ragazzi della zona Pinetto-Via Garibaldi ad organizzarsi e partecipare con un proprio falò dato che sia quelli del Porto sia quelli di Risseu non permettevano di far parte dei loro gruppi i ragazzi di Via Garibaldi.Nel 1968 Ido Battistone si mise alla testa del Porto nel momento in cui i pescatori della Tonnara decisero di disfarsi dell’Aze che da tempo sostava malinconicamente in disarmo sulla spiaggia….Grazie per chi mi conosce io sono quello dietro la tavola vicino a Ido.

    • Marco Partelli says:

      La ringrazio infinitamente della sua precisissima testimonianza, continui a seguirci

  4. Nicola Samarelli says:

    In principio i quartieri erano due :Porto e Risseu si andava lungo il torrente gentile a raccogliere le sterpaglie e sul Castellaro per tagliare qualche ramo secco;mentre i grandi (10 11 anni)raccoglievano il combustibile i piccoli andavano casa per casa a raccogliere qualche spicciolo per comprare i ”Fugai?? da sparare la sera della vigilia della festa.. Il quartiere Pinetto ha iniziato a partecipare grazie alla Sra Verdina e suo marito che per far contenti i figli convinsero i ragazzi (fra cui il sottoscritto) di Via Garibaldi (Dal Primula alla Culitta) a fare un proprio falo’…all’inizio è stata dura dato che fummo costretti a fare la guardia di notte dato che alcuni mascalzoni da fuori bruciarono anzitempo quanto avevamo raccolto.Desidero far notare che fra porto e Risseu la rivalità era tremenda e spesso si svolgevano vere e prioprie battaglia sulla spiaggia (solo il Padreterno ha evitato guai seri) .Nella foto dell’Aze io sono sulla destra dietro la tavola e vicino a Ido Battistone ispiratore del Falò moderno . Cari Saluti a tutti

    • Marco Partelli says:

      Da profondo appassionato di Camogli non posso che ringraziarla della sua interessantissima testimonianza. Un caro saluto a lei a nome della redazione, continui a seguirci

  5. Enzo Gelardi says:

    Sarò un vecchio romantico, ma leggendo il vostro articolo mi è scesa la lacrimuccia. Nello stesso tempo orgoglioso di essere stato uno dei tanti ragazzi che ha contribuito alle riuscite di quelle pioneristche feste tradizionali. Posso dire di essere stato presente al passaggio del falò, da catasta a falò tematico, quando a coordinare tutto ciò, era il grande Ido Battistone. Con il vostro articolo mi avete riportato indietro nel tempo, come fossi alla giuda della macchina stessa. Grazie

    • Marco Partelli says:

      Da grandissimo appassionato di Camogli (che un giorno spero diventi ufficialmente la mia casa) e tenendo conto che è stato un contributore attivo di questa bellissima tradizione apprezzo tantissimo ciò che ha detto. Sono io a ringraziarla, continui a seguirci

  6. Giuseppe De Agostino says:

    Camogli, da oltre quarant’anni sempre nel mio ❤️

    • Marco Partelli says:

      Anche nel mio per le sue tradizioni, per la sua storia, per ogni suo angolo! La ringrazio del suo contributo, continui a seguirci

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