E’ possibile coltivare il fondale marino? In Liguria sì col progetto “L’orto di Nemo”

Sergio Gamberini è l'ideatore del progetto "L'orto di Nemo"

29 December 2017 | di Redazione Daily Nautica
Coltivazione fondali marini
L'orto di Nemo: si può coltivare il fondale marino?

Da un’idea apparentemente insensata può nascere, come spesso accade, una grande intuizione. A volte è davvero labile il confine tra follia e capacità di vedere cose che gli altri non riescono neppure a immaginare. Ne è un esempio “L’orto di Nemo, un progetto nato nel 2012 grazie ad un’intuizione di Sergio Gamberini, presidente dell’Ocean Reef Group, team specializzato nella produzione e nella commercializzazione di attrezzature per sub.

La sua teoria è semplice quanto geniale. La popolazione del nostro Pianeta è destinata a superare i 9 miliardi entro il 2050, quindi, per rispondere alla crescente necessità di terra coltivabile, l’unica soluzione sembra essere lo sfruttamento dei fondali marini. Da qui nasce L’orto di Nemo: la “location” scelta è Noli.

L’orto di Nemo: i dettagli del progetto

L’idea prende forma proprio nella nota località balneare savonese, zona conosciuta molto bene dai Gamberini. Qui vengono erette sei biosfere realizzate in metacrilato che galleggiano dai 6 ai 10 metri sotto il livello del mare, grazie ad un ingegnoso sistema di catene. Oggi L’orto di Nemo è situato a cinquanta metri dalla riva e si estende su una superficie di circa cento metri quadri. Il suo principio fondamentale è l’idrocoltura, cioè far crescere una pianta fuori suolo sostituendo la terra con un substrato inerte.

Un progetto che ha incontrato non poche difficoltà, una su tutte lo sbalzo termico tra notte e giorno. Il sistema ideato dai Gamberini offre, però, la stabilità termica di cui le piante hanno bisogno per crescere sane. Infatti la temperatura dell’acqua intorno alle biosfere oscilla tra i 14 e i 26 gradi tutto l’anno. Inoltre mentre in superficie la luce del sole può rischiare di causare danni, più o meno gravi, alle coltivazioni, le piante che crescono all’interno delle biosfere vengono raggiunte esclusivamente dal cosiddetto “spettro buono” cioè i raggi filtrati dall’acqua sovrastante.

Un altro grande vantaggio è l’assenza di parassiti e di agenti potenzialmente pericolosi per le piante: nessun bisogno quindi di ricorrere all’utilizzo di pesticidi per una produzione che sarà biologica al 100%. Queste sono solo alcune delle peculiarità di un tipo di coltivazione che dovrà ancora crescere e ottimizzarsi ma che oggi viene già praticata, perlopiù in maniera sperimentale, in varie parti del mondo. Un’idea perseguita con grande caparbietà da Sergio Gamberini.

Fonti articolo e foto: lastampa.it

Paolo Bellosta

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