Scoperta in Cile la prima “paleo-nursery” degli squali bianchi

Straordinaria scoperta effettuata da un team di ricercatori dell’Università di Vienna, guidati da Jaime Villafana: la prima nursery fossile di questa specie

27 October 2020 | di Paolo Ponga

Il grande squalo bianco (Carcharodon Carcharias, Great White Shark, GWS in inglese) è la specie all’apice della catena alimentare degli oceani. Si tratta di un animale magnifico e fondamentale per la stabilità degli ecosistemi marini ma attualmente considerato a rischio estinzione a causa della forte pressione della pesca indiscriminata.

Malgrado sia un pesce ben noto in tutto il mondo, anche grazie ad una folle propaganda terroristica propria di alcuni film di Hollywood, molte delle sue abitudini sono ancora sconosciute. Di questa specie si sa, per esempio, che è altamente migratoria e che abita una vasta gamma di ambienti marini, dalle acque molto basse della piattaforma continentale a quelle oceaniche o intorno alle isole più remote.

Altre notizie confermate dai ricercatori riguardano la sua capacità di tollerare temperature variabili fra i 5 e i 25°C., ad una profondità abitualmente compresa tra la superficie e i 250 metri, anche se può occasionalmente spingersi fino a oltre 1200 metri di profondità.

Normalmente schivo e solitario, sono state però documentate sue aggregazioni nella Baja California (New Jersey), nel Canale di Sicilia, nell’Egeo e nelle acque australiane e sudafricane. Molto poco si sa, invece, del suo comportamento riproduttivo, tranne che le femmine raggiungono la maturità sessuale probabilmente intorno ai 30 anni di età e hanno un periodo di gestazione di 11 mesi.

È stato tuttavia ipotizzato che la nascita dei piccoli avvenga in aree ben precise, una sorta di “nursery” dove gli animali possono crescere in relativa sicurezza, caratterizzate da tre fattori: bassa profondità, che impedisce l’ingresso ai predatori di grosse dimensioni, habitat altamente riproduttivo che fornisce risorse alimentari abbondanti e preponderanza di individui molto giovani.

Queste aree rivestono una grande importanza perché costituiscono una specie di santuario in cui gli individui più giovani possono maturare, diventando abbastanza grandi da poter cacciare senza essere a loro volta cacciati.

Un team di ricercatori dell’Università di Vienna, guidati da Jaime Villafana, ha fatto un’incredibile scoperta nell’area dell’odierno Cile: una nursery pliocenica datata fra i 2 e i 5 milioni di anni. Lo studio è stato da poco pubblicato sulla rivista Scientific Reports.

La particolarità della scoperta sta anche nella natura stessa di questi animali: essendo pesci cartilaginei, con il passare del tempo rimane ben poco di loro, ovvero i denti. Proprio una grande presenza di questi ultimi nella regione di Coquimbo (Cile), unitamente a una vasta gamma di ossa fossili appartenenti alle probabili prede, ha potuto dimostrare l’esistenza della prima “paleo-nursery” mai accertata.

“Se comprendiamo il passato – ha spiegato il paleobiologo Jurgen Kriwet, membro della spedizione – ci consentirà di adottare adeguate misure protettive per garantire la sopravvivenza di questo predatore di alto livello, della massima importanza per gli ecosistemi marini. I nostri risultati indicano che l’innalzamento della temperatura della superficie del mare cambierà la distribuzione dei pesci e, in futuro, sposterà questi importanti terreni di riproduzione in altre aree”.

Ci auguriamo, quindi, che gli studi in corso possano aiutarci a comprenderli meglio, a sfatare la demonizzazione che li caratterizza e, infine, a portare ad una loro salvaguardia, nella sicurezza di tutti.

Paolo Ponga

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