Le orche di Genova arrivano dall’Islanda e hanno nuotato per 5.200 km: è la più lunga migrazione mai documentata – La “voce” delle orche

Ecco “chi” sono le orche arrivate a Genova e come si chiamano: il confronto fotografico ha permesso di riconoscerle. Nel video i vocalizzi delle orche

16 December 2019 | di Giuseppe Orrù

Si chiamano Riptide, Aquamarin e forse Dropi le orche che ormai da due settimane stazionano nel porto di Genova-Voltri. Sono arrivate qui dopo aver nuotato per 5.200 chilometri, ipotizzando una rotta dritta e senza divagazioni, dai freddi mari dell’Islanda, dove sono state avvistate e catalogate.

A confermarlo sono i biologi di Orca Guardians Iceland che, analizzando le foto, tra cui quelle di Menkab-il respiro del mare, hanno trovato corrispondenza con gli individui “Riptide” (catalogata come SN113), “Aquamarin” (SN116), e con ogni probabilità “Dropi” (SN115). Per quest’ultima l’Istituto Tethys sta inviando altre foto che potrebbero dare una conferma definitiva.

La femmina con il piccolo morto è invece SN114, che aveva già avuto un piccolo nel 2017. Prende consistenza la possibilità che le orche abbiano davvero “sbagliato strada” e stiano cercando di puntare a nord, bloccate però, in Mediterraneo, dalla terraferma. Si tratta in ogni caso della più lunga migrazione documentata per questa specie e in assoluto la prima tra Italia e Islanda.

Da un primo confronto, la ricercatrice islandese Filipa Samarra sostiene che anche i suoni registrati a Genova coinciderebbero con le vocalizzazioni catalogate in Islanda. Ora si attendono analisi più approfondite a conferma. Il dato è clamoroso per i biologi, perché è la prima volta che viene registrata la presenza di orche dell’Islanda in Mediterraneo.

BLOCCATE O IN ATTESA?

I pod di orche sono strutture matriarcali. Quindi, nel caso dei quattro esemplari di Genova, è la madre a comandare, quella che ha perso il cucciolo. Il piccolo, di meno di un anno, è morto martedì 3 dicembre, tra la mattinata il primo pomeriggio, proprio mentre i ricercatori Tethys, biologi e veterinari dell’Acquario di Genova, stavano monitorando il gruppo dal gommone.

Dei quattro esemplari, ci sono la madre e un maschio adulto e due individui che non si sa se siano adulti o giovani adulti. Di questi uno è molto probabilmente malato, sin dal giorno dell’arrivo, sicuramente sottopeso e vistosamente dimagrito e con la pelle squamata.

Un’ipotesi – spiega a Liguria Nautica la biologa Sabina Airoldi dell’Istituto Tethys – è che la madre stia aspettando che questo individuo si riprenda e che, nel frattempo, abbia deciso di restare in un posto sicuro, come evidentemente ritengono il porto di Genova, prima di rimettersi in viaggio verso Nord. Non sappiamo perché sono arrivate qui: sicuramente non è il primo caso. Gli avvistamenti hanno dimostrato che le orche entrano ed escono dallo Stretto di Gibilterra, probabilmente perché inseguono i tonni, o chissà perché. Questo non possiamo saperlo“.

Come non si conosce il motivo per cui il pod abbia deciso di restare a Genova. “Sicuramente non sono intrappolate sottolinea Sabina Airoldi – dato che continuano ad entrare e uscire per cacciare. L’altro giorno sono rimaste fuori per oltre 10 ore. Sono animali intelligenti e se decidono di restare qui ci sarà un motivo, anche se noi non lo sappiamo“.

Il pod era stato avvistato fin dalla metà novembre di fronte a Cartagena, in Spagna, poi nelle acque di Formentera e infine al largo di Carloforte, in Sardegna, da dove ha poi proseguito verso nord, fino al golfo di Genova. Con la stessa tecnica della foto-identificazione era già stato escluso che provenissero dalla popolazione più vicina, quella che vive appena fuori dallo stretto di Gibilterra ed è composta da una quarantina di individui.

Il confronto fotografico di Orca Gaurdians Iceland

Il confronto fotografico di Orca Gaurdians Iceland

Un’altra ipotesi, molto meno scientifica ma comunque non scartata dagli esperti, è che sia la terraferma a “bloccare” le orche, che invece hanno l’istinto di tornare a Nord, quasi con una sorta di bussola biologica. Il pod, infatti, si trova nel punto più a Nord del Mediterraneo Occidentale.

Questo è un dato di fatto – commenta la biologa di Tethys – ma non sappiamo se, orientandosi anche con il magnetismo terrestre, siano invogliate a nuotare verso Nord, non capendo che, invece, devono fare prima rotta a Ovest, uscire da Gibilterra e poi risalire verso Nord“.

Non è possibile, sottolineano gli esperti di Tethys, tentare di alimentarle artificialmente, perché a differenza di quelle tenute in cattività, le orche in natura accettano solo prede vive e solo quelle in cui sono “specializzate”. Così come è impensabile catturarle nel tentativo di curarle in una struttura perché l’operazione, anche eticamente discutibile, sempre secondo i ricercatori dell’Istituto, aggiungerebbe ulteriore stress, con ogni probabilità fatale per gli animali.

Per le orche inoltre, è molto importante la coesione di gruppo: dividerle è traumatico per una specie che vive tutta la vita in famiglie matrilineari. Significa che ogni individuo, anche i maschi, restano con il gruppo della mamma e della nonna. L’unità familiare, più comunemente chiamato “pod”, di Genova non è quindi un maschio con il suo harem, ma più probabilmente una madre, o una nonna, con figli o nipoti.

Gli sforzi della Guardia Costiera e degli esperti al momento va soprattutto alla ricerca del corpo del piccolo morto, che potrebbe essere stato avvistato domenica dalla spiaggia di Noli, ma che ancora non è stato possibile recuperare; esaminato dai veterinari potrebbe rivelare informazioni preziose sia sulla causa della morte che sulla provenienza del gruppo, attraverso l’analisi del DNA.

GLI AVVISTAMENTI IN ISLANDA

Per arrivare a questo riconoscimento, Orca Guardians Iceland ha usato le immagini scattate negli ultimi sei anni a bordo di Láki Tours, nell’Islanda occidentale, lungo la penisola di Snaefellsnes. Le immagini di confronto dei campioni mostrano alcune delle caratteristiche più importanti che hanno contribuito all’identificazione degli esemplari: le pinne (da sinistra e da destra) e le macchie sul dorso.

Dopo aver iniziato i nostri lavori di identificazione nel gennaio 2014 – affermano i biologi di Orca Guardians Iceland – li abbiamo avvistati per la prima volta il 2 giugno 2014. Un anno dopo, nel 2015, sono diventati un po’ più regolari durante l’estate, con sei avvistamenti confermati nel mese di giugno. Sono stati nuovamente avvistati nel giugno 2016, con tutti i quattro membri (SN113, SN114, SN115, SN116) presenti, come nel caso dei due anni precedenti”.

“Nei mesi di giugno e luglio 2017, tutti e quattro i membri sono tornati, ma questa volta con un cucciolo appena nato, associato a SN114 in tutti e tre gli incontri di quest’anno. Nell’Islanda occidentale, non è una novità che i pod siano stabili nel corso degli anni. Gli stessi gruppi si vedono nella stessa zona, più o meno nello stesso periodo dell’anno. Molti gruppi sembrano seguire un certo schema migratorio e soprattutto le orche che vediamo intorno a Snaefellsnes, durante l’estate, sono spesso non conosciute o avvistate in altre parti dell’Islanda e potrebbero migrare da qualche altra parte durante l’inverno“.

 

Video: Guardia Costiera e Istituto Tethys

Foto: Orca Guardians Iceland

Giuseppe Orrù

Il confronto fotografico di Orca Gaurdians Iceland

Il confronto fotografico di Orca Gaurdians Iceland

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1 commento

  1. Pierstefano Vernaschi - says:

    molto interessante seguire lo sviluppo di questi comportamenti animali .

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