12 agosto 2025

Il killer delle stelle marine che minaccia l’ecosistema oceanico

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Una lebbra fatale ha sciolto in pochi anni 6 miliardi di questi echinodermi causando una catastrofe ambientale. Ora gli scienziati hanno finalmente individuato il colpevole

Una stella marina colpita dalla sindrome di disfacimento

Una lebbra fatale ha sciolto in pochi anni 6 miliardi di questi echinodermi causando una catastrofe ambientale. Ora gli scienziati hanno finalmente individuato il colpevole

3 minuti di lettura
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Negli ultimi dieci anni una letale epidemia ha colpito le stelle marine lungo tutta la costa dell’America settentrionale che si affaccia sull’oceano Pacifico, dall’Alaska al Messico. Secondo una stima, almeno 6 miliardi di questi echinodermi sono stati uccisi da una sconosciuta malattia che ha rapidamente trasformato i loro corpi, solitamente rigidi, in una poltiglia gelatinosa sino a spappolarsi completamente e sciogliersi nell’acqua marina. 

La lebbra delle stelle marine

Una sorta di “lebbra” fatale che non lascia scampo, che agisce in pochi giorni e che ha letteralmente ripulito i fondali oceanici da intere colonie di stelle marine. La “Sindrome da deperimento” delle stelle marine, come l’hanno chiamata i biologi marini, non solo rischia di mettere in pericolo la sopravvivenza di questa specie e di portarla rapidamente all’estinzione, ma di compromettere l’intero ecosistema oceanico. Le stelle marine infatti sono animali predatori e rivestono un ruolo chiave tenendo sotto controllo la popolazione di ricci di mare. Nelle aree più colpite dalla sindrome da deperimento, infatti, si è registrato un forte aumento della presenza di ricci che hanno fatto piazza pulita delle foreste di alghe brune. Foreste che, a loro volta, davano nutrimento e riparo a molte altre specie acquatiche come pesci e crostacei. Insomma, la scomparsa delle stelle marine ha causato un effetto domino che si sta ripercuotendo in tutto l’ecosistema disgregandolo. Ecosistema di cui, ogni tanto vale la pena di ricordarlo, anche l’umanità è parte integrante. 

Un batterio killer

Cosa causasse questa sindrome è rimasto un mistero fino alla pubblicazione sulla rivista “Nature Ecology & Evolution” di un lavoro del dottor Kevin Lafferty, dell’University of California, Santa Barbara, intitolato "Sea star wasting disease mystery finally solved” (Finalmente risolto il mistero della malattia da deperimento delle stelle marine). Lo studio è durato quattro anni ed ha visto cooperare varie università come la British Columbia ed istituti di ricerca come l’Hakai Institute. Come in tutti i gialli che si rispettino, la scoperta del “colpevole” non ha mancato di suscitare sorpresa tra i ricercatori “detective”. Si tratta infatti di un ceppo del batterio patogeno chiamato Vibrio pectenicida, identificato come FHCF-3, che altro non è che un “parente stretto” del Vibrio cholerae, il batterio del colera! Questo batterio, qualche anno fa, è stato protagonista di un altro disastro ambientale e anche economico nelle coste francesi, infettando ed uccidendo intere coltivazioni di capesante. A questo punto, ci sia augura che, una volta individuata la causa, i biologi marini possano mettere a punto qualche efficace strategia per fermare il contagio. 

Un clima che cambia

Ancora da stabilire invece cosa abbia causato la rapidissima diffusione di questo batterio nell’ecosistema oceanico. Ma, in questo caso, il “colpevole” non  sembra sia troppo difficile da individuare. Un articolo pubblicato sul sito dell’Ordine dei Biologi, sposa l’ipotesi, sostenuta anche dai ricercatori dell’università Columbia Britannica, che la causa principale siano i cambiamenti climatici, anche considerando che i picchi di diffusione del contagio si sono verificati nei giorni, eccezionalmente caldi, di fine estate. E questo no che non ci sorprende. Come leggere un giallo di seconda categoria per scoprire nell’ultima pagina che l’assassino è il maggiordomo!

 

L'immagine di copertina è tratta da Wikipedia  e raffigura una stella marina viola, Pisaster ochraceus,  con un pedicello in disfacimento a causa della Sindrome