Ambiente, The Ocean Race: “Trovate microfibre in tutti i mari europei”

I dati raccolti durante l'Ocean Race Europe indicano che i mari europei contengono in media 139 particelle di microplastica per metro cubo

17 December 2021 | di Manuela Sciandra

Gli equipaggi partecipanti alla prima edizione di The Ocean Race Europe hanno aderito a una ricerca che ha rivelato la presenza di microplastiche in tutte le aree del continente europeo, tra cui il Mar Baltico, il Canale della Manica, la costa atlantica e ovviamente il Mar Mediterraneo.

Tutti i 36 campioni d’acqua raccolti contenevano in particolare microfibre, ovvero le piccole fibre di plastica che derivano dalla produzione, dal lavaggio e dall’uso di abiti sintetici, dai pneumatici delle auto (che finiscono in mare dopo forti piogge e deflussi) e da parti di attrezzi da pesca e lenze.

I dati indicano che i mari europei contengono in media 139 particelle di microplastica per metro cubo, di cui l’83% sono microfibre, mentre il resto sono frammenti provenienti dalla degradazione di oggetti di plastica più grandi, come bottiglie, imballaggi e microsfere contenute negli articoli da toilette. Tre dei campioni (due dal Canale della Manica e uno dal Mediterraneo) contenevano esclusivamente microfibre.

L’Ocean Race ha misurato le microplastiche anche nell’ultima edizione del giro del mondo 2017-18 ma questa estate ha cercato di fare un ulteriore passo avanti collaborando con il Geomar Helmholtz Centre for Ocean Research di Kiel (Germania) e l’Università di Utrecht (Paesi Bassi) per scoprirne l’origine, verificando se si trattasse di fibre o frammenti.

“I dati – spiega il dottor Aaron Beck, ricercatore senior al Geomar Helmholtz Centre for Ocean Research, che ha coordinato l’analisi dei campioni – mostrano chiaramente che le microplastiche sono pervasive nell’oceano e che, sorprendentemente, la componente principale di queste microplastiche sono le microfibre. In passato la ricerca si è concentrata sul rilevamento di frammenti, piuttosto che fibre, quindi questi nuovi dati sono significativi e mettono in evidenza il valore delle collaborazioni con partner come The Ocean Race, che ci aiutano a definire meglio la composizione e la distribuzione delle microplastiche negli strati superficiali dell’oceano”.

I dati ottenuti stanno inoltre contribuendo allo sviluppo di una mappa della plastica nell’oceano e aiutando a comprendere come le microplastiche si trasferiscono negli ecosistemi marini, dove rappresentano un fattore preoccupante per la biodiversità oceanica. Le microfibre sono infatti il tipo di microplastica ingerito più di frequente dalle specie marine.

The Ocean Race Europe si è svolta nei mesi di maggio e giugno, con partenza da Lorient e arrivo a Genova. I dati sono stati raccolti in un periodo di 6 settimane che comprendeva la regata stessa e un prologo, che ha visto le barche partire da Klaipeda (Lituania) e navigare nel Nord Europa e nella Manica fino al porto francese.

Due imbarcazioni, Ambersail-2 e AkzoNobel Ocean Racing, hanno portato a bordo attrezzature scientifiche per raccogliere campioni d’acqua durante la navigazione, mentre una terza, 11th Hour Racing Team, ha misurato i livelli di anidride carbonica, la temperatura del mare e i livelli di PH e salinità, tutti indicatori chiave del cambiamento climatico.

La ricerca mostra anche come il Mar Baltico ha i più alti livelli di microplastiche in Europa, con 230 particelle per metro cubo, più del doppio della quantità trovata nel Mediterraneo (112 particelle per metro cubo), considerato un hotspot per l’inquinamento da plastica.

“L’alta quantità di microplastica nel Mar Baltico rispetto al Mar Mediterraneo – sottolinea il dottor Aaron Beck – è un dato inaspettato. I fattori, come il periodo dell’anno in cui i dati vengono raccolti, possono avere un impatto sulla distribuzione delle microplastiche. Più dati possiamo raccogliere in diverse aree e stagioni, meglio possiamo capire la fonte delle plastiche e dove finiscono”.

L’oceano gioca un ruolo rilevante nella regolazione del clima. Non solo ha assorbito oltre il 90% del calore in eccesso prodotto dall’uomo dagli anni ’70 ma assorbe anche un quarto dell’anidride carbonica generata dall’uomo, contribuendo a mitigare in maniera efficace il cambiamento climatico. Tuttavia, questo assorbimento rende l’oceano più acido, con un effetto negativo sulla vita marina.

Le misurazioni dell’anidride carbonica disciolta nei campioni prelevati sono state fornite al Surface Ocean Carbon Dioxide Atlas (SOCAT), che distribuisce dati per la realizzazione del “Global Carbon Budget“, una valutazione annuale dell’anidride carbonica usata per definire gli obiettivi e le previsioni per la riduzione del carbonio. La conoscenza dei livelli di CO2 nell’oceano da parte degli scienziati risulta quindi vitale per redigere un bilancio accurato e rispettare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a meno di 1,5 gradi Celsius.

I dati sull’anidride carbonica sono stati analizzati anche da EuroSea, un programma finanziato dalla Commissione Europea per migliorare i sistemi di osservazione e previsione degli oceani. Si è notato che i livelli di CO2 sono più alti nel Mediterraneo a causa delle temperature calde e del poco vento e che sono aumentati molto negli ultimi 200 anni: un aumento che sta accelerando.

Senza contare che i dati raccolti nel Mediterraneo sono particolarmente utili agli scienziati perché la velocità del cambiamento è maggiore rispetto ad altre parti dell’oceano e permette così di capire cosa succederà in futuro su scala globale a causa del cambiamento climatico.

“Il cambiamento climatico e l’inquinamento da plastica – afferma Simon Weppe, responsabile scientifico di The Ocean Race – in pochi decenni hanno causato un drastico declino della salute dell’oceano. Attraverso la collaborazione unica tra i velisti e le organizzazioni di ricerca oceanica stiamo contribuendo a far crescere la comprensione di problemi terribili. Più conosciamo la portata di questi problemi, meglio siamo in grado di agire per combatterli. È cruciale, perché lo stato dei mari e il destino del pianeta sono totalmente interconnessi. È vitale che i governi agiscano sulla base di prove scientifiche per proteggere e ripristinare la salute del nostro oceano e tutto ciò che ne dipende. La gara per l’oceano è una gara che dobbiamo vincere”.

L’attività di raccolta di dati scientifici di The Ocean Race Europe ha ricevuto l’endorsement del Decade of Ocean Science for Sustainable Development delle Nazioni Unite, un movimento globale che mira a diffondere le conoscenze necessarie per invertire il ciclo di declino della salute dell’oceano e a creare migliori condizioni per uno sviluppo sostenibile dello stesso.

L’innovativo e pionieristico programma scientifico di The Ocean Race è stato sviluppato in collaborazione con 11th Hour Racing, premier partner di The Ocean Race e founding partner del programma di sostenibilità “Racing with Purpose“. Il report scientifico di The Ocean Race Europe è disponibile qui.

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