Navigare veloci per essere più sicuri

Il campione di vela Andrea Henriquet accompagna i nostri lettori in un appassionante ed istruttivo viaggio alla scoperta dei marinai 4.0

Premessa necessaria: escludiamo dal ragionamento situazioni estreme come barche volanti (foils) o prototipi progettati per un range molto ristretto di vento. Ci vogliamo occupare di quella vela da diporto che ci consente crociere e regate in condizioni meteo molto variabili e che comunque, anche in modalità “sopravvivenza”, ci permette di tornare in porto in condizioni di tempo molto brutto.

Nella storia della vela da diporto la velocità ha assunto connotazioni e sensazioni diverse. La percezione comune spesso mette in relazione la ricerca della velocità con la perdita di sicurezza. Barca più leggera vorrebbe dire barca meno robusta, meno marina, meno stabile. Stesso discorso vale per le vele, l’attrezzatura, il piano velico ed il piano di deriva.

In realtà non bisogna fare confusione e soprattutto non bisogna farsi suggestionare da titoli che troppo spesso traggono in inganno, mentre approfondendo magari si scopre che la realtà è completamente diversa. Un esempio in questo senso è la famigerata Fastnet del ’79 (regata iconica dal Solent all’Irlanda e ritorno), dove durante una tempesta naufragarono e morirono 15 persone tra icomponenti degli equipaggi. In quel caso venne subito la suggestione di criticare le barche da regata più “spinte” ma sulle barche da regata non ci fu nessuna vittima, mentre le pesanti barche da crociera subirono tutti i danni più gravi.

Dunque, molto spesso la velocità è sicurezza, perché consente alla barca di avere sia maggiore governabilità che un impatto con l’onda e con la raffica di vento meno forte, se si ha la capacità di gestire la rotta in funzione delle condizioni atmosferiche. Inoltre, la velocità ci consente di allontanarci il prima possibile da situazioni di rischio.

Un altro aspetto, poi, che mette in relazione velocità e capacità marine di equipaggio e barca, e che spesso viene male interpretato, è il peso della barca e dell’attrezzatura, che erroneamente viene associato ad una maggiore sicurezza. Naturalmente anche questo è un errore se non si considera la qualità del materiale. Oggi c’è un’enorme differenza di peso, a parità di prestazioni, tra materiali di alta qualità come tessuti di carbonio e resine epossidiche e tessuti meno costosi e meno prestazionali, solo per rimanere nell’ambito delle fibre. Poi ci sono tutti gli altri materiali di costruzione per cui sia la qualità che la modalità di lavorazione permettono di fare strutture, vele e attrezzature leggere ma assolutamente sicure.

L’idea di cercare la velocità in barca, quindi, è tutt’altro che un esercizio pericoloso e poco marino, anzi è un esercizio molto utile per mettere a sistema e per conoscere tutte le parti della barca, dallo scafo all’attrezzatura, fino alla conduzione, tutti elementi utili al raggiungimento della massima prestazione. Non solo ma esercitarsi a portare la barca al massimo delle sue potenzialità, costringe ad avere un piede marino, una manualità e un’attenzione che serviranno moltissimo anche nelle navigazioni più rilassanti.

Come si può immaginare la velocità non può che partire dallo scafo, soprattutto dalla sua opera viva, pulito ed efficace nelle sue parti mobili (in particolare l’elica quando non in funzione e il timone), poi dagli interni e dalla disposizione dei pesi. Soprattutto è necessario fare attenzione ai pesi sulle estremità (prua e poppa) e alti. Sugli interni la difficoltà è sempre trovare un compromesso tra ciò che rende la barca veloce e ciò che la rende comoda. Esempio tipico è l’ancora con relativa catena, che dal punto di vista della velocità e manovrabilità della barca è un disastro ma naturalmente è fondamentale per crociera e sicurezza.

Sempre a livello di macroargomenti, che meriterebbero un appropriato apprendimento, si arriva a tutto il piano velico, comprese attrezzature di manovra e vele. Anche qui la qualità del materiale è fondamentale e, attraverso la ricerca della velocità, oggi possiamo avere vele più robuste, performanti e sicure. Grazie alla possibilità di una regolazione più efficace, si possono infatti trovare assetti che consentono di risalire più velocemente e quindi in modo più sicuro, riuscendo a scaricare meglio le forze in gioco.

Tenere una barca veloce vuol dire che sbanderà meno e tenderà meno a straorzare o strapoggiare se avremo l’attenzione di non esagerare, quell’attenzione e quella misura che impareremo ad utilizzare solo provando a tenere la barca più veloce possibile, acquisendo sensibilità alle regolazioni e manualità nel gestirle.

In conclusione, è un grande limite per un marinaio pensare che la ricerca della velocità sia un gioco superficiale, inutile e pericoloso. Al contrario la ricerca della velocità attraverso efficienza, stabilità e assetto dello scafo, regolazione del piano velico e gestione del piano di coperta, consentono di essere molto più pronti e abituati a manovrare anche in condizioni non semplici e aiutano a tenere la barca sempre nella massima condizione.

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