Il comandante dell’Amerigo Vespucci a DN: “Capo Horn è come l’Everest per gli alpinisti”
La nostra intervista a Giuseppe Lai, comandante dell'Amerigo Vespucci , la nave scuola della Marina Militare Italiana appena tornata da un giro di due anni intorno al mondo
La nostra intervista a Giuseppe Lai, comandante dell'Amerigo Vespucci , la nave scuola della Marina Militare Italiana appena tornata da un giro di due anni intorno al mondo
L’Amerigo Vespucci, l’antico veliero della Marina Militare Italiana definito la nave “più bella del mondo“, alla veneranda età di 94 anni ha compiuto un’impresa epica: doppiare Capo Horn. Il momento più emozionante di un giro del mondo durato due anni, in cui il Vespucci ha percorso quasi 50 mila miglia toccando 5 continenti, 32 Paesi e 53 porti.
Erano quasi le 2 del mattino del 5 aprile 2024, le 7 in Italia, quando la nave scuola della Marina ha doppiato la famigerata punta più meridionale del continente sudamericano. Bagnata dall’Oceano Pacifico e da quello Atlantico, spesso in quel tratto di mare convivono condizioni metereologiche proibitive con onde che possono arrivare ad 8 metri e venti che possono raggiungere i 60 nodi.
Il racconto dell’avventura
A raccontare l’avventura ai microfoni di Daily Nautica, appena giunto alla Spezia dopo il lungo viaggio intorno al mondo, è stato il comandante del Vespucci, il capitano di vascello Giuseppe Lai. Per molti membri dell’equipaggio e per il vascello stesso, la città ligure è davvero considerata casa. Ora il Vespucci riposerà per 9 mesi all’interno dei bacini dell’Arsenale spezzino, pronto per essere sottoposto ai lavori.
“Doppiare capo Horn – spiega il capitano di vascello Giuseppe Lai – è stata un’emozione che, a distanza di un anno, si rinnova nell’equipaggio. È stata la sfida da un punto di vista nautico e marinaresco più importante. Quella più desiderata ancorché non se ne parlasse per una questione di scaramanzia, ma non solo: era un’impresa difficile. È stata un’esperienza maturata nel tempo, ragionata e preparata”.
“Capo Horn – racconta il comandante del Vespucci – è come l’Everest per gli alpinisti . Le perturbazioni che nascono a est di questa punta fanno tutto il giro del mondo, per poi abbattersi sulla sponda opposta accumulando potenza durante il passaggio sull’oceano. Questa zona di mare, inoltre, è caratterizzata da importanti differenze nel fondale. Si passa da 3.000 a 30 metri con un fenomeno di onde anomale e poi ci sono tre masse d’acqua che si incontrano a Capo Horn, quella dell’oceano Pacifico, dell’oceano Atlantico e dell’oceano Antartico”.
Doppiare Capo Horn è un’impresa straordinaria, ma non è quello il momento più difficile. E’ quando si decide di andare, di compiere realmente l’impresa, il momento in cui l’adrenalina arriva davvero alle stelle. Un vento gelido che soffia a 30 nodi e un mare forza 6 formato al traverso di poppa accompagnano l’equipaggio. L’Amerigo Vespucci procede spedito per la sua rotta ad 11 nodi di velocità. Le vele si gonfiano. Il Vespucci si inclina. Fa sentire la sua voce. Il buio avvolge il veliero. Ecco il passaggio. L’impresa è compiuta.