Un bagno con gli squali
Una nuotata con la famiglia in mezzo agli squali: è possibile in sicurezza?
Una nuotata con la famiglia in mezzo agli squali: è possibile in sicurezza?
La barca procede con apparente velocità su uno specchio d’acqua calmo come una tavola. Si tratta di un vecchio dhoni maldiviano che solca le acque con esperienza e taglia una superficie dove si mescolano colori ed effetti ottici pazzeschi che solo in questi luoghi riesci a trovare. Da un lato le bianche nuvole che attraversano il cielo azzurro come sbuffi di bambagia e si riflettono alla perfezione sulla superficie del mare, dall’altro un’acqua così limpida che si può vedere il fondale marino distante molti metri sotto la barca.
L’effetto ottico è incredibile: navigando hai di solito la superficie del mare davanti e il cielo sopra di te, mentre qui viaggi in 3D, con lo sguardo che passa dalla superficie esterna all’acqua, perché è normale vedere il corallo e la sabbia, incrociare banchi di pesci, un gruppo di delfini, qualche squalo o una tartaruga che nuota con serenità ed eleganza. La temperatura è molto calda ma il viaggio in barca e il consueto venticello ti impediscono di sudare e ti portano a godere la giornata e il paesaggio.
Quindi, quando mi sento bruciare il collo, so bene che non si tratta del sole ma dello sguardo inferocito di mia cugina. “Ma cosa vuole da me?”, penso. L’escursione l’ha prenotata lei, probabilmente equivocando la definizione “shark swimming, snorkeling with sharks“, che è abbastanza semplice da capire. I suoi timori, però, non riguardano (solo) lei ma anche i due bambini, che vede divorati dal mostro marino. Il mio bravissimo cugino è poco più in là e pensa solo a godersi l’emozionante giornata e a far giocare i piccoli.
“I miei figli non scenderanno mai in acqua, ricordati”, mi dice lei, ritenendomi la causa della sua ansia. Invece io sono convinto che lo faranno e che l’esperienza sarà molto utile per la loro educazione, insegnando loro che gli squali sono di tante specie diverse, non sono killer affamati di carne e sangue umani e che occorre solo rispettarli.
Giro lo sguardo intorno a me e vedo tutti i turisti molto eccitati, mia moglie godersi il sole in barca (che le dà fastidio solo quando vuole lei) e Ibrahim, la nostra guida maldiviana, totalmente rilassato. Saranno il sole, il mare o le sigarette particolari che si fuma di continuo (non è dato sapere) ma mi trasmette serenità. La nostra meta è l’isola di Thumbafushi, dove si trovano un piccolo allevamento di capre, altri di pesci e un luogo particolare chiamato “Champagiri shark point“, un piccolo porticciolo dove vivono stanziali degli esemplari di squalo nutrice fulvo (Nebrius ferrugineus), attirati per i turisti da qualche pezzetto di pesce lanciato da una balaustra coperta. Attenzione, però, non è shark feeding ma una specie di interazione tipicamente locale con gli abitanti del mare.
I maldiviani hanno aperto un minuscolo baretto all’aperto, una terrazza coperta dalla quale scendere in mare (stando attenti ai gradini), e guadagnano qualcosa da coloro che vogliono vivere un’esperienza indimenticabile. Agli squali va bene: anche loro si guadagnano qualcosa da mangiare nuotando in pochi metri d’acqua in mezzo a timorosi bipedi. Si tratta di animali adulti, che vanno dai due ai tre metri di lunghezza, con un corpo cilindrico e una testa larga e appiattita.
Si cibano soprattutto di molluschi, che risucchiano in una bocca in fondo alla quale si trovano denti in grado di spezzare le conchiglie o masticare piccoli pesci. La loro pericolosità è veramente esigua: siamo prede troppo grosse e poco interessanti per loro. Possono reagire solo per difesa se si sentono minacciati o si spaventano, ma la reazione è di solito un tentativo vano di risucchio. Come dicevamo, rispetto e considerazione, perché in fin dei conti anche le mucche possono essere pericolose.
Arrivati sull’isola con un kart elettrico, veniamo trasportati su una terrazza coperta che guarda la piccola baia. Si tratta di un luogo riparato che consente a tutti di nuotare senza problemi, a meno che il mare sia molto mosso. Mentre prendiamo maschera e pinne, Ibrahim ci spiega come comportarci, traducendo in inglese le parole del maldiviano locale, ma sono regole dettate dal buon senso: non li toccate, niente mani in bocca, state sereni. Non è certo la prima volta che incontro degli squali, a volte di specie molto più pericolose, ma farlo senza attrezzatura subacquea fa sempre un po’ impressione. L’emozione, più o meno forte, è quella di tutti e la si legge nelle facce dei turisti. Una breve scaletta e finisco in acqua. È questione di secondi e ogni timore viene dimenticato.
Impossibile non toccarli, perché sono loro a farlo più e più volte. Sembrano un gruppo di cagnoloni che gioca festoso alla caccia di qualche facile pezzettino di cibo. Questi bestioni ti sfiorano con la loro pelle ruvida, passandoti di fianco o colpendoti con una pinna, e ti rendi presto conto che è quasi impossibile che ti possano arrecare danno, a meno che tu non faccia qualcosa di impensabile. La sensazione è comune e, dopo mille timori, mi ritrovo circondato dai cugini, dai bambini e da mia moglie. Sono tutti allegri, come se partecipassimo ad una grande festa.
Dopo parecchio tempo sarà Ibrahim a farci uscire dall’acqua, riportandoci all’ordine: è tardi, bisogna ripartire. Nessuno è particolarmente felice di andarsene e tutti sembrano voler salutare i nuovi amici. Inoltre, nessuno si è accorto che, mescolato in mezzo ai nutrice, c’è uno squalo pinna nera adulto, un animale curioso e forse affamato che di solito non attacca l’uomo. Probabilmente l’unico a notarlo finora, oltre a me, è stato Ibrahim dall’alto. Lo potrete intravedere velocemente all’interno del filmato. Il viaggio di ritorno è magnifico come quello dell’andata. Questa volta, però, con due bambini felici e ciarlieri, che magari avranno imparato qualcosa di nuovo sugli squali, e una cugina finalmente più rilassata.
Argomenti: squali
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