07 luglio 2025

L’architetto Antonio Luxardo a DN: “Nella nautica il fattore emozionale è sempre più importante”

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Il co-fondatore di Optima Design Antonio Luxardo ci parla delle trasformazioni della professione e dei cambiamenti della nautica

Antonio Luxardo

Il co-fondatore di Optima Design Antonio Luxardo ci parla delle trasformazioni della professione e dei cambiamenti della nautica

9 minuti di lettura
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Amante della vela e con una lunga esperienza di progetto non solo nautico, dato che dagli inizi del nuovo millennio per quasi vent’anni ha fatto il pendolare con la Cina per seguire nuovi insediamenti urbanistici e marine, l’architetto Antonio Luxardo, cofondatore con Michele Zignego di Optima Design, ha collaborato con i più importanti cantieri italiani. Oggi, nominato chief designer di Cantieri di Pisa, per cui sta ridisegnando le tre storiche linee di yacht Polaris, Saturno e Akhir (la barca più longeva sul mercato), è anche la firma dei nuovi superyacht di Amer di acciaio da 50 e 70 metri e di vetroresina, 96 Sanremo, F106, F126.

A noi di Daily Nautica, che abbiamo avuto l'occasione di intervistarlo,  racconta di una professione e di un ambito produttivo in costante cambiamento e proiettato verso il futuro e l’innovazione, ma con solide radici nella tradizione nautica.

La sua passione viene da lontano?

Il primo disegno che ho fatto alla scuola elementare è stato quello di una barca a vela. Successivamente, quando in un tema in classe si chiedeva cosa volessi fare da grande, ho scritto il progettista di barche. Sono diventato velista e ho avuto delle barche, quelle che progettavo, e un gozzo, che amo molto. Ho iniziato la professione con la matita, il tecnigrafo, le eliocopie dei disegni fatti a mano sui lucidi, progettando scafi tradizionali di legno per diversi cantieri, tra cui Diano. Poi ovviamente tutto è cambiato con lo sviluppo della tecnologia.

Come è cambiata la nautica negli ultimi decenni?

Negli ultimi trent’anni c’è stata una decisa evoluzione: dai piccoli cantieri ai grandi gruppi, da artigianato a industrializzazione artigianale, da produttori di componenti a integrazione dei prodotti, dal lavoro manuale al lavoro assistito dalle macchine. E poi la tecnologia… Tutti aspetti che hanno avuto una trasformazione accelerata: i prodotti sono cambiati rapidamente, sono emerse nuove necessità del mercato e, quando i progettisti sono bravi, nascono prodotti che risvegliano il desiderio dei clienti di vivere nuove emozioni. Perché il fattore emozionale nella nautica è trainante per tutti, a partire dagli armatori fino a coloro che sono coinvolti nella costruzione delle imbarcazioni. Sono cambiate le competenze, ne sono nate di nuove. L’interazione tra gli attori che partecipano alla realizzazione di uno yacht è completamente diversa: gli strumenti di progettazione si sono evoluti, anche se, a mio parere, non c’è ancora un software realmente dedicato alla nautica per la progettazione integrata. Ma sono convinto che ci si arriverà.

Cosa significa quindi oggi progettare per la nautica da diporto?

Oggi bisogna avere sempre più competenze e sensibilità. È necessaria una maggiore cultura per poter affrontare sia i nuovi clienti, che sono più giovani, grazie alle possibilità finanziarie create dalle imprese digitali, sia la loro provenienza da aree geografiche diverse, con esigenze strettamente legate alla cultura d’origine. Inoltre, il lavoro che trent’anni fa veniva sviluppato da una persona sola, o comunque da un ristretto gruppo di persone, oggi richiede invece molteplici professionalità, quindi un gruppo allargato di esperti in diverse tematiche, con team di decine di persone. Di conseguenza bisogna essere sempre più abili, non solo nella fase creativa, ma anche in quella successiva di gestione dello sviluppo di una idea.

Quali sono le richieste più di frequenti di cantieri e armatori?

I cantieri sono sempre più impegnati a livello internazionale, quindi si devono confrontare con culture diverse e riuscire a individuare i prodotti giusti per ciascun mercato.

[caption id="attachment_171927" align="alignnone" width="600"]Antonio Luxardo Promenade Promenade, progetto di eliminazione delle scale, sostituite da percorsi pedonali[/caption]

Si richiede innovazione stilistica e funzionale, in merito all’interazione tra le varie aree a bordo, e di conseguenza nascono nuove modalità di vivere una barca. Anche un auspicato rapporto con l’ambiente naturale, nella relazione tra interno ed esterno, porta a tipologie innovative. Inoltre, c’è molta richiesta di flessibilità e, allo stesso tempo, semplicità di utilizzo, anche dal punto di vista tecnico.

E cosa ritiene invece Antonio Luxardo imprescindibile nella concezione di uno yacht?

Le qualità nautiche, la sicurezza e la gestione sono a mio parere imprescindibili, ma devono necessariamente essere integrate nello stile e nella ricerca del comfort.

Quale è il segno distintivo di Optima Design in ogni progetto?

Direi un DNA che deriva dalla continua ricerca di affrontare tutte le fasi del progetto, dall’idea iniziale alla consegna del prodotto finito, attraverso tutto il processo progettuale e produttivo fino al varo, passando attraverso fornitori, assistenza agli acquisti, interfaccia con i registri e le bandiere e quanto necessario a far sì che il prodotto finale sia della miglior qualità possibile, dal punto di vista estetico, funzionale, tecnico e anche economico. Incluso il lavoro necessario alla realizzazione dei prototipi, a cui sempre più spesso si può dedicare un tempo ridotto dal momento della vendita all’inizio della costruzione e poi alla consegna. Ciò richiede un grande sforzo: sono importanti il lavoro di gruppo, l’affiatamento tra le persone. Lo scambio di opinioni e informazioni in modo omogeneo è la vera sfida del futuro e in questo Optima Design cerca di distinguersi.

Il lavoro è sempre a due mani con il cantiere committente o a volte capita che solo in una fase successiva si individui un marchio affine al progetto?

Direi che nel mio caso accadono entrambe le casistiche. Molto spesso capita di lavorare a due mani o anche di più, con il cantiere committente, dunque il progetto affronta un percorso molto variegato ma anche particolarmente stimolante. La sfida del professionista è “nascondersi” nel marchio per far emergere in ogni nuova imbarcazione solo la storia e i caratteri distintivi del cantiere.

[caption id="attachment_171940" align="alignnone" width="600"]Antonio Luxardo Aree verdi Aree verdi, progetto di introduzione della natura a bordo[/caption]

In altri casi, invece, nasce un’idea, la si sviluppa e si intuisce come la sua filosofia risulti affine a un certo marchio e/o cantiere, soprattutto se è molto innovativa dal punto di vista sia stilistico sia funzionale. Bisogna però in tal caso fare attenzione a come introdurre l’idea al potenziale cantiere, perché l’innovazione spesso spaventa, in quanto può essere criticata oppure, di primo acchito, non assimilata dal mercato. Anche le idee migliori se non trovano un terreno fertile non si sviluppano: succede che attecchiscono magari dopo anni e attraverso altri canali.

Cosa pensa della ricerca nel campo della propulsione green e quali ritiene siano i passi da fare per allineare anche le imbarcazioni agli standard ecologici richiesti all’automotive?

Le emissioni zero credo vadano intese nel senso più ampio, dalla progettazione alla realizzazione di un prodotto, inclusi tutti i componenti necessari (che devono avere un percorso green), fino al termine del ciclo di utilizzo di uno yacht. Il tempo di vita nella nautica è molto più lungo rispetto a quello, ad esempio, di un’automobile. Anche le quantità prodotte sono notevolmente ridotte, per cui le considerazioni da fare sono molteplici. E soprattutto di origine diversa rispetto ad altri ambiti.

Per quanto riguarda la propulsione, direi che al momento si dovrebbe cercare di produrre energia pulita anche dal movimento stesso della barca, soprattutto quando si tratta di piccoli scafi. Altro nodo rilevante è il miglioramento del sistema propulsivo, mutuando tecnologie da altri settori industriali, in quanto la nautica, in definitiva, non ha una tale massa produttiva che giustifichi investimenti diretti. Poi è molto importante utilizzare in maniera efficiente l’energia: l’efficienza energetica di una barca è il primo passo, forse il più semplice, e anche quello che si può risolvere in modo più diretto.

Un’altra cosa che mi piacerebbe è la condivisione dei progetti tra più cantieri, per studiare e sperimentare nuove tecnologie di cui mettere in comune la proprietà, al fine di sviluppare o declinare, come meglio creda ogni partecipante alla ricerca, i risultati. In tal modo si potrebbero avere, con investimenti ridotti, tecnologie e innovazione. Condividere è importante per crescere tutti, anche perché i player in definitiva sono comunque un numero ristretto.

Quali sono le strade che un progettista può intraprendere nel segno della sostenibilità di uno yacht?

La progettazione consapevole è il primo punto per la sostenibilità, perché condiziona tutto il processo produttivo che porta alla realizzazione di uno yacht, determina se quest’ultimo sarà ecologico o meno. Non può che essere uno sforzo collettivo: cantieri, progettisti, fornitori di equipaggiamenti e servizi. Un lavoro corale, in cui tutti devono focalizzarsi sul risultato, mettendo da parte se stessi per diventare un unicum nel processo. Il progettista potrebbe disegnare forme e funzioni con meno dispersione termica e meno irraggiamento negli interni, utilizzare materiali dalla minore trasmissione termica e sfruttarli in modo nuovo. Poi ovviamente esiste l’efficienza dello scafo, con il risparmio di peso e di conseguenza la leggerezza, su cui il progettista può cimentarsi.

Ritiene che l’intelligenza artificiale abbia già, o possa avere, un ruolo determinante nello yacht design?

Sta iniziando ad essere recepita anche dalle persone che ancora non sono professionalmente coinvolte. Personalmente mi sembra una grande opportunità, che però va sfruttata nel modo giusto. Potrebbe aiutare nella gestione dei progetti e dei processi, riducendo i tempi di trasferimento delle informazioni, o per redigere documenti da distribuire più velocemente, evitando errori o dispendio di energie. Lo scambio omogeneo di opinioni e di informazioni è, a mio parere, la vera sfida del futuro, pertanto l’AI avrà sicuramente molti impieghi. Potrà aiutare anche chi ha meno conoscenze ad apprendere più velocemente e renderà per questo più competitivo il mercato della progettazione, oltre che le ricerche di mercato o le nuove tendenze. Facilitando magari un trasferimento traversale di informazioni, tecnologie e idee/pensieri da altre realtà industriali o artigianali, per favorire lo sviluppo di nuovi prodotti. Dal punto di vista del cliente, inoltre, aiuterà a prendere decisioni più ponderate, in quanto rende accessibili in breve tempo informazioni o considerazioni che prima necessitavano di giorni o settimane. Il progetto però deve avere un’anima e questa può derivare solo dall’azione umana.

Cosa consiglierebbe a un giovane che voglia intraprendere la sua carriera?

Lavorare con passione e sensibilità e avere la giusta pazienza. Importante anche saper lavorare in gruppo: l'impegno condiviso serenamente porta a uno stato mentale che aiuta ad esprimersi al meglio e a raggiungere obbiettivi importanti, da cui arrivano grandi soddisfazioni.