Tutti i tesori del relitto dell’Incredibile a Venezia. Tra realtà, gioco e finzione

Una nave perduta, un inestimabile carico, un racconto tanto "incredibile" da non essere vero, quello proposto dall'artista inglese Damien Hirst

16 October 2017 | di Riccardo Bottazzo
Topolino Sub
Un sub recupera Topolino Opera di Damien Hirst

Narrano le cronache che l’immensa nave, che mai uguale aveva solcato il Mediterraneo, veleggiasse verso la ricca città di Asit Mayor, colma di tali tesori da suscitare la cieca invidia degli dei.

Cif Amotan, il liberto originario di Antiochia, l’uomo più ricco del suo tempo, aveva chiamato il suo vascello Apistos, che nella lingua dell’epoca significava “Incredibile”. Quindi lo aveva riempito all’inverosimile di gioielli, monete, sculture in marmo, onice, malachite, argento, oro e tanti altri manufatti preziosi come lo scudo del Pelide Achille, nel cui orbe è inscritta la terra, il cielo, il mare e le costellazioni tutte. Tali erano i tesori che il liberto Cif Amotan aveva raccolto in tutta l’Asia Minore per impreziosire il tempio del dio del Sole, che lui stesso aveva fatto edificare nel cuore della superba Asit, la maggiore.

Ma così non vollero gli altri dei ingelositi, così non volle il dio del Mare che sollevò alti marosi che travolsero l’Apistos e la trascinarono nelle profondità oscure con tutti i suoi immensi tesori. E se non furono gli dei, fu il carico eccessivo a tradire l’imbarcazione o forse un errore di manovra sotto una terribile tempesta. O forse era scritto che il destino della nave Incredibile fosse segnato nel suo stesso nome per tramandare ai posteri un’incredibile storia.

Trascorsero gli anni, e con gli anni i secoli e con i secoli le ere. L’Apistos ed il suo inestimabile carico di tesori divennero leggenda e la leggenda divenne mito, aggiungendo narrazioni a narrazioni, sino a che, ai giorni nostri, molti storici erano arrivati a dubitare dell’esistenza della nave e dello stesso Cif Amotan. Come Heinrich Schliemann per la mitologica Troia, ci volle la folle grandezza di un sognatore per risalire la narrazione del mito sino a trovarne la fonte.

A restituire al mondo di superficie, nell’estate 2008, i resti incrostati di coralli dell’Apistis e i suoi immensi tesori archeologici, artistici e storici, fu Frank Goddio, presidente e fondatore dell’Ieasm, Institut Européen d’Archéologie Sous-Marine. Oggi, dopo un certosino lavoro di restauro, questi tesori sono esposti a Venezia, divisi tra gli spazi di Palazzo Grassi sul canal Grande e della Collezione Pinault in Punta della Dogana.

La duplice esposizione, chiamata “Treasures from the wreck of the unbelievable“, tesori dal relitto dell’impossibile, rimarrà aperta al pubblico fino a domenica 3 dicembre. Oltre a decine e decine di preziosissimi reperti risalenti alla prima metà del II secolo d.c., l’epoca del naufragio, il visitatore può ammirare le splendide fotografie subacquee e il filmato delle complesse e spettacolari operazioni di recupero dei manufatti sommersi. Nelle salette multimediali può ascoltare le interviste agli esperti archeosub che hanno affiancato Goddio nell’impresa e visionare tanto altro materiale tecnico e storico a disposizione sui grandi schermi tattili.

Arte, scienza, tecnologia e storia si fondono nelle sale di Palazzo Grassi in questa “incredibile esposizione” che presenta, per la prima volta al pubblico, quello che, senza dubbio alcuno, è il ritrovamento del secolo. Anzi, diciamo meglio. Di quello che “sarebbe” il ritrovamento del secolo se… se non fosse tutto completamente falso!

Facciamoci coraggio e torniamo con i piedi per terra. Il liberto Amotan non è mai esistito. La nave Apistos non è mai affondata. Neppure un archeologo subacqueo di nome Frank Goddio, per quanto ne so, è mai apparso su questa terra. E pure l’Institut Européen d’Archéologie Sous-Marine non è mai stato fondato, pure se sarebbe bello che ci fosse un ente europeo dedicato alla ricerca subacquea.

“I tesori del relitto dell’Incredibile” è, per l’appunto, una incredibile invenzione dell’artista inglese Damien Hirst che si è inventato tutto quanto, dalla nave affondata al suo ritrovamento, realizzando, col solo limite della sua fantasia, i “tesori” esposti, le fotografie, le interviste e anche il documentario subacqueo del recupero della nave.

Diciamocelo pure, quando tra lo scudo di Achille (quello nel cui orbe è inscritta la terra, il cielo, eccetera eccetera) e il busto della procace dea Demetra appare la foto di un sub super accessoriato che recupera una statua con due orecchie tonde tonde e il muso di Topolino… qualche dubbio dovrebbe saltarci in zucca. O no? E lo stesso quando tra il Laocoonte stritolato dai serpenti e la statua della dea Kali, compare uno strano e “misterioso” manufatto incrostato di coralli e spugne che pare proprio quel mega robot giapponese, quel Mazinga Z di cui seguivamo le avventure da bambini.

Ed allora, l’unica cosa da fare è stare al gioco che Damien Hirst ci  propone. Samuel Coleridge scrive che la “sospensione dell’incredulità” è la strada per la quale il lettore, quando prende in mano un libro, entra nel bosco narrativo tracciato dallo scrittore, accettando mondi pieni di fate incantate, astronavi  interstellari e ineguagliabili investigatori, sostituendo la realtà con una “fede poetica”. Che importa quindi dove si erge il confine tra il vero e il non vero? Hirst e la sua nave Incredibile, ci hanno regalato un sogno, un racconto e tanta emozione.

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