Intervista a David Pilosof, ideatore del World Shootout: “Ecco come ho aperto nuove frontiere per la fotografia subacquea”

David Pilosof è uno dei fotografi subacquei più noti in campo internazionale e fin dall’inizio della sua attività si è dedicato alle foto di moda e al nudo sott’acqua

6 February 2023 | di Gianni Risso

In occasione della premiazione dell’importante concorso di fotografia subacquea World Shootout 2022, tenutasi durante il Boot di Düsseldorf, abbiamo incontrato il fotografo israeliano David Pilosof, ideatore e organizzatore del concorso che si svolge dal 2006 con crescente successo.

David Pilosof è uno dei fotografi subacquei più noti in campo internazionale e fin dall’inizio della sua attività si è dedicato in particolare alle foto di moda e al nudo sott’acqua. Nel 1998 ha fondato la rivista subacquea israeliana “YAM” e per anni ha lavorato per la promozione dei fondali israeliani e per lo sviluppo dell’attività subacquea.

Quando hai iniziato ad immergerti?

Nel 1973.

Quando hai incominciato a scattare fotografie subacquee?

La prima volta nel 1975.

Che macchina fotografica usavi?

All’inizio usavo Rollei in custodia Rollei Marin e Calipso III, l’anfibia che poi diventò Nikonos.

Che cosa ti piaceva fotografare in principio?

Come a molti fotografi, mi piaceva la vita sottomarina.

Quando hai iniziato a riprendere le donne sott’acqua e perché?

Nel 1976 ho capito che non volevo fotografare pesci. Per me l’ambiente subacqueo doveva diventare uno sfondo, uno studio subacqueo, e dato che in quel momento le riviste Playboy e Penthouse andavano per la maggiore, ho deciso che era il momento di usare una modella.

Vendevi le tue fotografie subacquee?

Solo quelle di Samantha. Avevo due agenti fotografici, uno in Europa e uno negli Stati Uniti, e ti dirò che allora i fotografi facevano un sacco di soldi con le mie foto.

Quando hai deciso di scrivere il libro “Samantha”?

Nel 1976.

Ho la fortuna di averne una copia. È veramente bello e direi che è il migliore mai stampato sull’argomento modelle sott’acqua. Ti confesso che mi ha ispirato molto quando ho iniziato a fare foto subacquee e ho seguito le tue pinne. Puoi raccontare come hai fatto quelle foto?

Il gioco è stato fotografare una modella a 30 metri sotto il livello dell’acqua a Ras Um Sid, nel Mar Rosso. Lo scenario era spettacolare, proprio come lo volevo io. C’erano tante zone ricoperte da coralli, alcionari e gigantesche gorgonie a ventaglio che creavano delle quinte naturali policrome e ricche di vita. Ma non è stato facile portare a casa delle immagini irripetibili.

Quante volte ti sei immerso e con quanti collaboratori hai lavorato?

Da Londra erano venute due modelle ma dopo una settimana avevo deciso di concentrarmi solo su Samantha. Avevo un assistente subacqueo con narghilè per la respirazione che si doveva prendere cura di Samantha e darle aria e altri due assistenti subacquei per cambiare le attrezzature fotografiche e curare la sicurezza. L’impegno economico per la realizzazione del progetto fu di circa 50.000 dollari, che erano un sacco di soldi all’epoca.

Quanto tempo è durato tutto il lavoro?

Durò 40 giorni, con due o tre immersioni al giorno.

Quali furono le reazioni di Samantha e dei tuoi stretti collaboratori quando spiegasti quello che volevi fare?

Quando presentai il mio progetto, spiegando che volevo fotografare Samantha nuda sott’acqua, tutti, compresa lei, dissero che ero matto. Era una cosa che nessuno aveva mai fatto. Nonostante ciò, i miei straordinari collaboratori ed io abbiamo aperto delle nuove frontiere della fotografia subacquea, usando innovazione, creatività e l’ineguagliabile bellezza del Mar Rosso per realizzare quello che volevamo.

Come organizzavi le immersioni?

Ogni volta entravo in acqua per primo, verificavo la situazione, controllavo la corrente e la luce e poi davo indicazioni a Samantha e ai miei collaboratori su come posizionarsi. Devo dire che sono stato fortunato. Samantha era un’ottima nuotatrice e una brava modella subacquea, una vera professionista che amava il mare. Riusciva a integrarsi perfettamente con la natura circostante e si fidava completamente di me e della squadra. Non ha mai avuto un attimo di esitazione, né di paura.

Quali attrezzature subacquee hai utilizzato?

Usavamo un bibombola ad aria e gli assistenti usavano anche delle fruste lunghe per dare aria a Samantha con il sistema a narghilè. Io usavo una Hasselblad con 70 mm e Nikon 90 F nelle custodie Oceanic e delle NIkonos con 15 mm e flash elettronici Sea & Sea.

Quale consiglio daresti a chi vuol diventare un fotografo subacqueo di successo?

Oggi i fotografi subacquei hanno una grande disponibilità di apparecchiature e tecnologie assai progredite e versatili che permettono loro di realizzare delle belle immagini ma è l’occhio dell’artista che crea la cornice finale e l’immagine vincente. Se pensiamo ad una bella immagine con creatività e gusto e riusciamo poi a realizzarla, sarà vincente.

Vorrei concludere questa interessante intervista con “Storm in the Sea”, un record da Guinness che hai co-organizzato in Israele nel 2014. Puoi spiegare di che cosa si è trattato?

Sì, con piacere. Nel mese di settembre del 2014 ho seguito l’immersione più eclatante d’Israele e del mondo in generale. Ben 271 sommozzatori si sono immersi contemporaneamente sopra a un relitto, che era alla profondità di 25 metri, allo scopo di battere il primato registrato dai Guinness. L’impresa è riuscita perfettamente e, grazie all’acqua limpidissima, è stata seguita in diretta anche da tanti surfisti e appassionati di snorkeling, che con gli smartphone l’hanno diffusa subito in tutto il mondo. Naturalmente c’è stata anche una notevole copertura dei media e la cosa ha avuto grandi ricadute turistiche per Israele.

 

Gianni Risso

Traduzione: Elvira Repetto

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