Identificato il relitto più profondo al mondo: è il cacciatorpediniere USS Johnston

Il cacciatorpediniere USS Johnston, situato a ben 6456 metri di profondità, è il relitto più profondo mai rinvenuto

5 July 2021 | di Paolo Ponga

La ricerca delle navi affondate è mistero, avventura, azione. Il pensiero muove qualcosa dentro il nostro cuore, ci fa tornare bambini, a quando giocavamo ai pirati. È quindi caccia a un tesoro nascosto sotto le onde del mare, nella speranza di trovare il classico ago in un pagliaio. Nel caso di relitti con una storia importante, significa anche ricordare da dove proveniamo e onorare le vicende di chi ha lottato ed è morto per il proprio Paese ma soprattutto per la propria nave e i propri compagni d’arme.

Una missione sponsorizzata dalla società di ricerca e tecnologia sottomarina Caladan Oceanic, guidata dall’imprenditore ed esploratore Victor Vescovo, ex ufficiale della Marina americana, ha annunciato la scoperta e l’identificazione del relitto più profondo mai rinvenuto negli abissi marini. Si tratta del cacciatorpediniere classe Fletcher USS Johnston (DD-557), affondato nell’Oceano Pacifico il 25 ottobre 1944 durante la battaglia del Golfo di Leyte.

La scoperta è stata fatta mediante il sommergibile con equipaggio “Limiting Factor”, con il quale Vescovo ha raggiunto in precedenza il punto più profondo dei cinque oceani. Già nel 2019 la Vulcan Inc, con la nave di ricerca R/V Petrel, aveva trovato un troncone del relitto, senza però riuscire a stabilirne con precisione l’identità. Adesso, a 6456 metri di profondità, il team di Vescovo ha identificato la prua della nave, sulla quale si legge ancora chiaramente il numero di serie 557. Per dare un’idea della scoperta, stiamo parlando della prua di un piccolo cacciatorpediniere adagiata ad oltre 6 chilometri di profondità: pensate che il Titanic, molto ma molto più grande, giace a “soli” 3810 metri.

Il direttore del Dipartimento di Storia Navale degli Stati Uniti, il contrammiraglio Sam Cox ha dichiarato che “le immagini sono impressionanti e non vediamo l’ora di poter esaminare il resto dei dati raccolti durante la spedizione, perché la storia del cacciatorpediniere USS Johnston è per i nuovi marinai un perfetto esempio d’onore, coraggio, impegno e valore”.

Il Johnston, in effetti, rappresentò egregiamente questi concetti. La Fletcher costituì un’eccezionale classe di navi da battaglia della Seconda Guerra Mondiale. Nati da un’evoluzione di progetti anteguerra, furono costruiti molto più grandi e robusti degli equivalenti di altre Marine, per un totale di 175 esemplari, alcuni dei quali rimasero in servizio per cinquant’anni. Anche la nostra Marina Militare ne acquistò 3 esemplari nel 1969/70, che costituirono la classe Fante (due di essi furono poi cannibalizzati per i pezzi di ricambio).

Durante la battaglia di Samar, parte della grande battaglia del Golfo di Leyte, il DD-557 affrontò una formazione da battaglia giapponese condotta dall’ammiraglio Kateo Kurita per consentire alle altre navi alleate di ritirarsi e riorganizzarsi. Nel corso di una lotta assolutamente impari, il cacciatorpediniere e una piccola portaerei di scorta andarono incontro al nemico riuscendo a tenere in scacco una forza bellica costituita da 4 corazzate (inclusa la famosa Yamato), 8 incrociatori e 11 cacciatorpedinieri, fino all’inevitabile affondamento. Il Johnston aveva, però, raggiunto il suo scopo.

Il tenente comandante Ernest E. Evans fu insignito della Medal of Honor, il primo nativo americano nella Marina degli Stati Uniti e l’unico comandante di cacciatorpediniere della Seconda Guerra Mondiale ad aver ricevuto questo onore. Nativo dell’Oklahoma, era un combattente nato, orgoglioso del sangue indiano che scorreva nelle sue vene. I suoi uomini lo chiamavano “The Chief“, il Capo, ed era l’anima della sua nave e la guida del suo equipaggio.

“In un certo senso – ha affermato Victor Vescovo – abbiamo chiuso un cerchio. La Johnston e la DSSV Pressure Drop, la nostra nave di superficie, sono state costruite nello stesso cantiere navale ed entrambe hanno prestato servizio nella Marina degli Stati Uniti. In qualità di ufficiale della Marina, sono orgoglioso di aver portato chiarezza e di aver reso certa la posizione del Johnston, per l’onore del suo equipaggio e per le famiglie dei suoi caduti”.

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