Come parlare sott’acqua: l’alfabeto dei sub. Parte terza: notturne, tavolette e segnali sonori

Farsi capire in fondo al mare è importante proprio a terra. A questo scopo i subacquei hanno creato uno speciale dizionario di gesti

E in notturna? Il “dizionario” del subacqueo rimane lo stesso ma con la differenza che si fa di notte e, di conseguenza, se non ci si auto illumina con la propria torcia, nessuno vedrà i nostri  segnali. Evitate sempre di accecare istruttori o compagni di immersione puntando il faro sulle loro maschere. E’ più utile, invece, illuminare noi stessi e le nostre mani mentre comunichiamo. Ricordiamoci anche che la torcia è comunque un mezzo di comunicazione subacquea. Disegnare lentamente uno zero, significa “Ok”. Agitarla velocemente dal basso all’alto e viceversa, vuol dire che ci sono problemi o, più semplicemente, “Aspettatemi!”

Molti subacquei portano nella tasca del gas una tavoletta in plastica con una matita. Dovrebbe servire a scrivere brevi comunicazioni impossibili da effettuare con la semplice gestualità. Ripeto, brevi comunicazioni. Non fate come un mio carissimo compagno di immersione che quando la usa non riesce a fare a meno delle formule di cortesia: “Potresti per favore dare una controllata mia rubinetteria? Ho perdite? Grazie” Eh sì! E’ mezz’ora che mentre tu sei intento a scrivere il romanzo, io sto cercando di avvisarti che ti è saltato l’o-ring e tutta l’aria ti sta scappando dalla rubinetteria! Dai, torniamo sù che è meglio! E questa, signori miei, è una storia vera!

I segnali in notturna e in superficie

I segnali in notturna e in superficie. Dal manuale federale di immersione Fipsas

Io, la tavoletta, la porto sempre quando mi immergo con gli allievi ma non ricordo che mi sia mai capitato di utilizzarla. Un mio amico che è specializzato in biologia marina, la usa per indicare le specie che ci incontrano. A tale proposito, adopera anche delle utilissime e più pratiche schede plastiche già compilate. Utilissima, meglio ancora indispensabile, è la tavoletta quando si lavora come archeosub. Si usa per prendere nota dei ritrovamenti e delle distanze tra i reperti. In questo caso si adoperano, di solito, speciali tavole di formato A3 con molti fogli di plastica tenuti assieme da un elastico. Immersioni particolari, come quelle dedicate all’archeologia, richiedono un dizionario particolare. Non ci sono segnali standardizzati ed è consigliabile mettersi d’accordo prima di scendere in mare, durante il briefing.

In superficie, col gas bello gonfio e il mare calmo o quasi, possiamo toglierci l’erogatore e usare la lingua. Ci sono comunque segnali che è utile adoperare anche in questa situazione, magari per comunicare con chi è in barca ed è lontano. Braccia alzate sopra la testa a disegnare uno zero, sta a significare “Ok, tutto bene”. Braccio teso che oscilla lateralmente: “Sono qui. Sto bene, venite a prendermi”. Braccio che colpisce violentemente e ripetutamente la superficie del mare: “Ho dei problemi, chiedo soccorso”.

Per ultimo, ricordiamo quei marchingegni malefici che permettono di lanciare segnali sonori sott’acqua. Ci sono vari tipi di strumenti a percussione che emettono rumori ma il più usato e tecnologico è una sorta di sirena che si inserisce tra la frusta della bassa pressione ed il suo l’aggancio sul corrugato del Gav. Quando si preme il bottone, l’aria della bombola esce dalla sirena emettendo un fastidioso strombettio.

Alcune guide la adoperano per richiamare all’ordine subacquei particolarmente indisciplinati. Io non lo amo particolarmente. Se lo avete inserito tra i vostri strumenti di immersione, ricordatevi di usarla con la massima parsimonia ed evitate di strombettare per tutta l’immersione come se foste su una tangenziale. Meglio ascoltare il mare che ci parla con i suoi infiniti silenzi.

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