Il primo uomo a circumnavigare la terra non fu Magellano ma il suo schiavo Enrique

In questi giorni si ricordano i 500 anni dalla morte del grande esploratore portoghese ma pochi sanno che non fu lui il primo marinaio a compiere il giro del mondo

Cinquecento anni fa, per esattezza il 27 aprile dell’anno del Signore 1521, nella remota isola di Mactan, nell’arcipelago delle Filippine, una lancia di bambù metteva fine alla vita ed alle imprese del grande navigatore portoghese Fernão de Magalhães.

Nei libri di storia Ferdinando Magellano, per usare il suo nome italiano, è celebrato come il primo uomo a circumnavigare la terra. In realtà, sebbene fosse stato lui a ideare questa impresa e ad ottenere dal re di Spagna, Carlo V d’Asburgo, cinque vascelli con l’obiettivo di scoprire una nuova rotta verso le indie, il destino volle che a portarla a termine fosse il suo secondo, lo spagnolo Juan Sebastián Elcano che prese il comando della spedizione dopo la sua morte.

Quando l’unica nave sopravvissuta, la Victoria, fece ritorno nel porto di Siviglia, nel settembre del 1522, tanto Elcano quanto il fedelissimo scrivano vicentino Antonio Pigafetta, che aveva redatto il diario della spedizione, furono d’accordo ad attribuire tutti i meriti della prima circumnavigazione del globo al loro ammiraglio, Ferdinando Magellano. Ma non furono neppure loro – salpati da Siviglia e ritornati a Siviglia – i primi uomini a compiere il giro completo della terra ritornando nello stesso luogo da cui erano partiti! 

Secondo gli storici, infatti, questo primato spetta ad uno schiavo pressoché sconosciuto in Europa: Enrique di Malacca. Non era il suo vero nome, questo. Gli schiavi allora non avevano diritto neppure ad un nome. Fu Pigafetta a chiamarlo così. Magellano lo aveva comperato a Malacca, quando era poco più di un bambino. E quasi sicuramente Enrique di Malacca non era neppure di Malacca. Molti studiosi affermano che doveva essere stato rapito ad est della Malesia, probabilmente dall’isola di Cebu, nelle Filippine, e da qui portato al mercato di Malacca. 

Fatto sta che Enrique parlava il malese e Magellano lo volle portare con sé quando, il 10 agosto del 1519, salpò dal porto di Siviglia con l’obiettivo di riuscire a scoprire quella via per le Indie che neppure Cristoforo Colombo, “inciampato” nelle Americhe, aveva trovato, ed aprire così una nuova rotta al commercio delle spezie più veloce e più remunerativa rispetto a quella che porta a circumnavigare il continente africano. Era un viaggio su mari sconosciuti, verso  terre inesplorate, e la presenza di Enrique sarebbe stata preziosa perché gli avventurieri al soldo del re di Spagna avrebbero capito di essere arrivati in Malesia quando lo schiavo avesse trovato qualcuno in grado di capire il suo linguaggio. 

Come abbiamo letto nei diari di Pigafetta, durante il viaggio verso le Indie Magellano ed i suoi dovetterò affrontare un campionario completo di tutte le disgrazie che a quei tempi capitavano ai marinai: tempeste, naufragi, ammutinamenti, tradimenti, rapimenti, abbordaggi e quant’altro. Un po’ di buona sorte, Magellano ed i suoi l’ebbero solo dopo aver superato lo stretto che oggi porta il suo nome e aver fatto rotta in quel vasto oceano che il navigatore portoghese trovò talmente calmo da chiamare Pacifico. 

Nel marzo del 1521, i sopravvissuti della spedizione giunsero in vista delle Filippine. Come racconta Martino Pedrazzini nel suo “L’armata delle Molucche” (Festina Lente Edizioni, 2019), un libro scritto tenendo come base i diari di Pigafetta, qui Magellano scoprì che i nativi parlavano la lingua del suo schiavo e comprese che il viaggio su mari sconosciuti sarebbe presto giunto alla fine perché le Molucche erano vicine. Da queste isole, far rotta verso la Spagna percorrendo a ritroso la consueta rotta africana delle spezie, sarebbe stato per un navigatore della sua tempra, un gioco da bambini. 

Fu così che il grande navigatore decise di fermarsi qualche tempo nelle Filippine e, già che c’era, cercar spezie e cristianizzare gli indigeni. Sbarcato nell’isola di Cebu, il navigatore accettò la proposta di un rajah locale chiamato Humabon che aveva accettato di farsi battezzare se gli spagnoli lo avessero aiutato a sconfiggere una tribù rivale dell’isola di Mactan che resisteva ad ogni tentativo di imporre loro il Vangelo (e di commerciare le loro spezie). Era la tribù del capo Lapu Lapu. Magellano decise di attaccarli forte solo di 60 uomini bene armati e di una indefessa fede in dio. Gli andò male, perché gli indigeni di Lapo Lapu, che erano qualche migliaio, reagirono con vemenza e, dopo averlo trafitto con una lancia, lo fecero letteralmente a pezzi. 

Juan Sebastián Elcano, che succedette al comando della spedizione, decise che era il momento di tornare a casa senza complicare la vita con ulteriori discussioni religiose con i locali e completare, in onore del defunto ammiraglio, l’impresa di circumnavigare la terra. Oltretutto, quelle isole erano dannatamente povere di spezie e il nuovo capitano aveva tutte le sane intenzioni di riempire le stive dell’ormai sua nave in qualche porto di levante, dove la gente fosse più accondiscendente.  

Secondo il testamento di Magellano, lo schiavo Enrique avrebbe dovuto essere liberato ma agli occhi di Elcano questi era troppo prezioso come interprete. Così, tanto per mettere le cose in chiaro, lo fece frustare e appendere ai ferri. 

Il primo uomo a circumnavigare la terra non fu Magellano

Ma le tragedie non erano ancora finite. Prima della partenza, il rajah Humabon invitò gli spagnoli ad un ultimo banchetto in onore di Magellano. E fu una strage. L’invito era un tradimento e tutti coloro che si sedettero al desco furono trucidati. Enrique, che ci fu trascinato come interprete, fu l’unico a sopravvivere al massacro.

 Le ipotesi che gli storici fanno sono due: o gli indigeni risparmiarono Enrique perché lo avevano riconosciuto come uno di loro, o fu lo stesso Enrique a tradire gli spagnoli e venderli agli indigeni in cambio della sua libertà. Come siano andate veramente le cose non lo sapremo mai ma una cosa è pressoché certa: Enrique di Malacca fu il primo uomo a partire da un luogo e a farvici ritorno dopo aver fatto il giro del mondo! 

Un primato che la Spagna non gli volle riconoscere. Lo stesso Pigafetta, che aveva compreso la gravità della faccenda, cercò di mettere a tacere lo scandalo di uno schiavo che aveva compiuto questa memorabile impresa prima di un ammiraglio, e sostenne che Enrique fosse morto assieme al suo ammiraglio. Fatto smentito da tutti gli atri marinai che additarono l’ormai ex schiavo come il principale responsabile della strage di Cebu. 

Oggi, a 500 anni dalla spedizione di Ferdinando Magellano, il nome di Enrique di Malacca non è ancora entrato nei libri di storia europei. In Malesia invece è conosciuto ed onorato come il primo uomo a circumnavigare la terra. Sue statue campeggiano in piazze e musei. Non potendo e non volendo usare il nome spagnolo di Enrique, lo hanno battezzato col nome di Panglima Awang che gli ha dato uno scrittore di romanzi storici che in un suo libro ha magnificato le gesta di questo schiavo che per primo, e senza volerlo, ha circumnavigato la terra.  

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