Il mistero della Mary Celeste. Parte prima: i fatti

Il 5 dicembre del 1872, al largo della Azzorre, un mercantile incrocia una nave fantasma. Dove è finito l'equipaggio?

La notizia del cargo indonesiano senza equipaggio, riapparso dopo nove anni dalla sua presunta scomparsa davanti alle coste del Myanmar, ci ha riportato in mente il caso, ben più misterioso e tutt’ora irrisolto, del brigantino Mary Celeste.

Tra le tante leggende che arricchiscono la letteratura di mare, quella del vascello maledetto che continua il suo viaggio a vele spiegate senza nessuno a reggerne il timone, come se fosse dotato di una propria volontà, è forse una delle più riproposte nei canoni classici dell’avventura. Ognuno di noi ricorderà certamente qualche versione cinematografica di questo mito del mare. Pochi però sanno che a diffondere la leggenda contribuì più di tutti il papà di Sherlock Holmes, lo scrittore Arthur Conan Doyle, prendendo spunto proprio dalla storia vera della Mary Celeste. Ma cominciamo col raccontare come si svolsero i fatti.

400 miglia ad est delle isole Azzorre

Il 5 dicembre 1872 la vedetta del brigantino mercantile Dei Gratia, diretto verso lo stretto di Gibilterra, segnalò al capitano David Morehouse la presenza di un altro veliero. La nave procedeva in maniera strana. La vela maestra era ammainata e quella di gabbia stracciata dal vento. La nave era in balia del vento e tendeva a straorzare, come se non ci fosse nessuno a governarla!

Morehouse riconobbe nel veliero alla deriva il brigantino Mary Celeste, di cui era capitano un suo buon amico, Benjamin Spooner Briggs, con il quale aveva cenato a New York poco prima che entrambi salpassero verso il Mediterraneo con i rispettivi velieri. Preoccupato per la sorte del suo collega, il capitano del Dei Gratia fece calare in mare una scialuppa ed affidò al suo primo ufficiale, Oliver Deveau, il compito di andare a vedere cosa succedeva all’interno della nave e, nel caso, prestare soccorso ai marinai. 

Il punto dell’avvistamento, segnato proprio dal primo ufficiale, era 38°20′ nord, 17°15′ ovest, circa 600 miglia dalle coste portoghesi. Abbordare la nave non fu affatto facile, per la scialuppa a remi. Nonostante i ripetuti richiami, dalla coperta della Mary Celeste, nessuno si affacciava per ridurre la velatura e il vento continuava a trascinare la nave secondo i suoi umori. Probabilmente Deveau ed i suoi uomini pensarono che una epidemia avesse messo a mal partito tutti i marinai ma quando riuscirono a salire sulla Mary Celeste si trovarono davanti ad una vera sorpresa: nella nave non c’era nessuno! 

Le condizioni in cui gli uomini della Dei Gratia trovarono il brigantino contribuirono ad infittire ancora di più il mistero. Nella nave regnava una completa confusione, anche se non c’erano segni di violenza. L’orologio e la bussola erano rotti. La stiva era invasa da quasi un metro d’acqua perché alcune pompe non erano state messe in funzione. Ma per il resto, non mancava nulla, anche le scorte di viveri o di acqua erano intatte.

Il libro di bordo era al suo posto e l’ultimo scritto si limitava and annotare come la nave avesse superato una brutta burrasca. Anche gli effetti personali dei marinai ed i loro risparmi, erano al loro posto. Le uniche cose che mancavano, oltre all’equipaggio, erano il sestante di bordo, i documenti relativi i al carico ed una piccola scialuppa di salvataggio. Cosa era successo sulla Mary Celeste? 

Il capitano della Mary Celeste

Benjamin Spooner Briggs, il capitano della Mary Celeste

L’inchiesta

Il capitano David Morehouse si fece carico di rimorchiare il brigantino a Gibilterra, dove la procura aprì un’inchiesta giudiziaria che non approdò a nulla. La prima ipotesi presa in considerazione dal procuratore inglese Frederick Solly Flood, fu che i due capitani – Morehouse e Briggs – che erano amici, si fossero messi d’accordo per frodare l’assicurazione e spartirsi il ricavato dalla vendita della Mary Celeste. Il brigantino, infatti, come stabilisce la legge dei recuperi in mare, ora apparteneva a Morehouse.

Sempre secondo la procura, Briggs avrebbe ucciso tutti i membri del suo equipaggio, composto da sei marinai, prima di nascondersi nelle stive della Dei Gratia. Il teorema accusatorio cadde quando si verificò che il capitano della Mary Celeste possedeva quote di proprietà della nave. In questo modo, l’uomo avrebbe frodato se stesso ad esclusivo vantaggio di Morehouse! Inoltre, a bordo del veliero, il capitano Briggs aveva imbarcato anche la moglie e la figlia di appena due anni, mentre il figlio maggiore era rimasto negli Stati Uniti per frequentare la scuola. Briggs avrebbe ucciso anche loro? Oppure anche la moglie faceva parte del complotto?

La teoria del procuratore Flood faceva acqua da tutte le parti  e fu presto abbandonata mentre l’inchiesta naufragò in un nulla di fatto. E sarebbe naufragata anche nel gran mare della dimenticanza se un certo scrittore molto portato per il mistero – stiamo parlando nientemeno che di Arthur Conan Doyle! – non avesse pensato di rispolverarne la memoria, pubblicando qualche anno dopo i fatti un racconto di successo nel seguitissimo Corhill Magazine. Così nacque il mito della Mary Celeste e del suo segreto, che ancora oggi riesce a intrigarci. 

Libri, cinema e fumetti

Da Conan Doyle in poi, il mistero della Mary Celeste è rimbalzato dalla carta alla celluloide, senza trascurare i fumetti. Se ne occupò, tra gli altri, anche uno dei miei personaggi preferiti, l’investigatore del mistero Martin Mystere creato da Alfredo Castelli e pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore, in una bella avventura intitolata “Il libro degli arcani“. In questo racconto a fumetti, Mystere prende in considerazione le principali ipotesi su quello che potrebbe essere successo al brigantino. Ma, come vedremo nella prossima rubrica, nessuna riesce a convincere in pieno. 

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