Arriva il decreto "ambiente protetto". Ma per chi?

Entrato in vigore il 25 Giugno il decreto che autorizza i grandi colossi industriali a scaricare i loro rifiuti in mare ampliando i limiti fissati nel 2006. Scempio ambientale o semplice aderenza alle direttive europee?

7 July 2014 | di Redazione Daily Nautica

Apre a diversi interrogativi il nuovo decreto varato dal governo Renzi e che vede in prima linea il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti. Il decreto 19, definito dallo stesso ministro “ambiente protetto”, è stato infatti pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore dal 25 Giugno. Si tratta di un provvedimento composto da 35 articoli che autorizza le grandi aziende a superare la soglia stabilita nel 2006 per lo scarico di rifiuti in mare. Si tratta in poche parole di alluminio, solventi organici, piombo, mercurio, nichel, cromo, ferro e chi più ne ha più ne metta. Insomma un vero parco giochi per raffinerie di petrolio, centrali elettriche e fonderie. Dulcis in fundo viene introdotto il principio dl silenzio assenso per quanto concerne le pratiche di bonifica ambientale dal dicembre 2017. Se l’Arpa non si pronuncia entro 45 giorni dall’approvazione di un eventuale piano di risanamento ambientale (terreni ad uso, militare, industriale o commerciale) viene approvato cosi com’è.

 

Per il presidente dei Verdi Angelo Bonelli si tratterebbe di uno scempio, un regalo del governo ai grandi colossi responsabili dell’inquinamento dei mari e della terra come l’Ilva oltre un incredibile rovesciamento del principio secondo cui chi inquina paga: “A beneficiare delle maglie più larghe”, infatti, ribadisce Bonelli, “potrebbero essere decine di siti distribuiti in tutta Italia, dal petrolchimico di Porto Marghera, alla centrale di Porto Torres, passando per l’Ilva e il polo petrolchimico di Gela…Una vera e propria barbarie. In concreto accadrà che più sarà alta la produzione e meno restrittivi saranno i limiti di emissione degli inquinanti a mare. Il mare rischia di diventare uno scarico di inquinanti per mettere le grandi industrie nelle condizioni di risparmiare soldi e non fare gli interventi necessari per essere a norma”.

 

Il ministro Galletti invece difende il provvedimento con queste parole : “La legge che c’era prima aveva dei limiti che non tenevano conto di dove le aziende scaricavano, perché come assorbimento c’è differenza se si scarica in fiume o se si scarica in mare. Noi, sempre in aderenza alle normative europee, anzi in maniera ancora più restrittiva, abbiamo introdotto questo concetto: l’impatto sull’ambiente si valuta volta per volta, in sede di Autorizzazione ambientale, a seconda del caso. In questo modo stiamo interpretando le norme europee correttamente. Le Autorizzazioni integrate ambientali rilasciate per l’esercizio di dette installazioni – continua il ministro – possono prevedere valori limite di emissione anche più elevati e proporzionati ai livelli di produzione, comunque in conformità ai medesimi documenti europei”. Sarà. Ma quello che sembra è proprio l’immagine di un’altra occasione persa.

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